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Il Referendum, l’ambiente e i bulli da social network

  • Scritto da Effe_Pi

Riflessioni sulla consultazione referendaria bocciata ieri per il mancato raggiungimento del quorum, sulle sue ragioni ambientali e sullo stile di "opposti bullismi" da social della politica italiana.

Il Referendum cosiddetto “sulle trivelle” non passa, ma non si placano le polemiche sulla consultazione di ieri, per la quale sono andati a votare circa il 31% degli italiani (che comunque sono oltre 15 milioni di persone): da ieri sera vanno avanti attacchi e “colpi bassi”, dagli astensionisti verso chi si è recato alle urne e da chi ha votato verso chi ha preferito non partecipare, con tutto un florilegio di citazioni da Gramsci (Odio gli indifferenti) fino al “Ciaone” del deputato renziano Ernesto Carbone (nell’immagine sotto) che è stata presa come una vera offesa verso milioni di persone che sono andate a votare. Un dibattito di livello veramente basso, nobilitato solo da alcune perle ironiche come “Delfino infame per te solo catrame”, che discende probabilmente dal significato attribuito al Referendum, andato ben oltre il merito della questione tecnica, interessando temi di politica generale come il consenso o meno verso il governo Renzi e le politiche ambientali portate avanti dall’Italia negli ultimi decenni.

Una strumentalizzazione su un quesito peraltro molto tecnico, che IteNovas ha spiegato bene in precedenti articoli, che probabilmente non ha giovato allo stesso risultato referendario, premesso che una mobilitazione contro le trivellazioni del mare italiano è sicuramente sacrosanta e infatti esiste da tempo, soprattutto nelle regioni del versante Adriatico. Una mobilitazione che necessariamente deve però andare oltre il momento elettorale, ma soprattutto oltre l’ambientalismo “da tastiera” che sembra la tendenza di queste ore e fa il paio con l’arroganza e supponenza delle fila di governo: una sorta di teoria degli opposti bullismi, quello di “Ciaone” e quello di chi dà dell’analfabeta a tutti coloro che si sono astenuti. Il Referendum è uno strumento democratico importante, ma certo non può rappresentare una scorciatoia di momenti di lotta importanti come quelli sull’ambientalismo: se anche solo un decimo o un ventesimo di coloro che ieri sono andati alle urne si impegnasse in prima persona, per lottare contro gli abusi sul mare e sull’ambiente in generale, il movimento ecologista avrebbe una forza che in Italia non ha mai raggiunto.

 

La polemica politica, peraltro, sembra anche poco giustificata dall’atteggiamento dei principali partiti, che di questo Referendum fino ad oggi non se ne sono proprio occupati, se non indirettamente: Il Partito democratico si è limitato ad invitare all’astensione, mentre i 5 Stelle, con Beppe Grillo, hanno invitato ad andare a votare ma andando oltre il merito della questione, solo per “mandare affanculo” il Presidente del consiglio. Entrambi gli schieramenti hanno invece approfittato del momento elettorale per attaccare l’avversario e cercare l’offesa, nel tentativo di polarizzare lo scontro e nascondere il più possibile il merito della questione, probabilmente spinti anche dall’imminenza del voto alle amministrative (il prossimo 5 giugno). Sono i frutti avvelenati di una politica 2.0 che sembra basarsi più sullo sfottò e l’insulto da social che su una vera battaglia di idee: gli opposti bullismi discendono probabilmente dallo “stile” dell’era berlusconiana, che si è trasposto e allargato a tutti (o quasi) gli schieramenti. E mentre ci si insulta su Twitter e Facebook, passa quasi inosservata la vera notizia del giorno, un grave sversamento di petrolio in Liguria che ormai ha raggiunto il porto di Genova, allertando tutti gli esperti di emergenze ambientali in Italia: a dimostrazione che forse lo strumento non era il migliore, ma il problema è reale e andrebbe assolutamente affrontato.