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19 ottobre: a Roma protesta tra web e nostalgia

  • Scritto da Effe_Pi

Stampa 1977In piazza manifestanti da tutta Italia, media alla ricerca di scontri e sul web il blocco dei siti istituzionali.

Il 19 ottobre di Roma è stato un giorno controverso. Una giornata "di guerriglia" come titola il quotidiano della capitale Il Messaggero, oppure una "grande manifestazione" sostanzialmente pacifica di "invisibili" come scrive il Manifesto? Non c'è nessun dubbio che nel corso degli anni i grandi media italiani, distrutti nella loro credibilità (e nelle vendite) da internet, debbano ricorrere sempre più allo scandalismo, allo scoop basato sul fatto violento, la guerriglia, lo scontro che fa sempre audience, dopo che probabilmente direttori ed editori si sono studiati i dati di ascolto post 15 ottobre 2011. D'altro canto, qualsiasi giornalista con un minimo di onestà intellettuale ricoscerà facilmente che non è affatto scontato che un corteo di 40mila, 50mila o anche 70mila persone debba finire per forza sulla prima pagina di tutti i giornali e nel primo piano di tutti i Tg, e che se questo accade è anche per l'aspettativa di scontri e la tensione che si è costruita intorno. Per giorni e giorni, prima, si è infatti parlato dei 4mila agenti in assetto antisommossa, dei manifesti minacciosi, dei siti web coi vademecum da seguire in caso di scontri e arresti, dei ritrovamenti di martelli, bastoni e altre "armi" in più punti della città.

Per capire la degenerazione del giornalismo italiano, basta confrontare le prime pagine dei quotidiani di oggi con quelle che parlano di una della giornate più violente della storia della Repubblica italiana: il 12 marzo 1977. Quel giorno, a Torino un commando assassinò un brigadiere dell'Ufficio politico della Questura, mentre a Roma e Bologna ci furono scontri violentissimi tra autonomi, frange del movimento studentesco e polizia, con assalti a sedi di partito, caserme, armerie, barricate, spari, molotov, moltissimi feriti, carri armati per strada e cariche furiose delle forze dell'ordine, guidate dal Ministero degli Interni di quel Francesco Cossiga che molti anni dopo, nel 2008, avrebbe detto che la tattica giusta contro le rivolte è di "lasciar fare gli universitari…. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le citta …. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri …. Nel senso che le forze dell'ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale …. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano … Soprattutto i docenti, non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì”. Le parole dell'importante democristiano sassarese dovrebbero tra l'altro far riflettere chi crede ancora che negli anni '70 (o peggio nel 2013) ci possano essere ancora situazioni come quella del 15 ottobre di due anni fa che siano completamente spontanee e fuori controllo. Comunque, il 13 marzo del 1977, La Stampa, quotidiano di proprietà della Fiat, titolò "Guerriglia a Roma e Bologna, assassinato un agente a Torino", mentre L'Unità, allora organo di quel Partito Comunista tra i maggiori bersagli della rivolta, scrisse "Tutto il centro di Roma sconvolto per ore da assalti di gruppi teppistici armati".

Oggi, Il Messaggero come detto spara un "Roma, giorno di guerriglia", l'Avvenire "Corteo antagonista Guerriglia a Roma", Il Corriere della Sera "Scontri, paura, disagi La protesta blocca Roma" e Repubblica va di "Sfilano gli antagonisti, i black bloc attaccano: guerriglia a Roma". Fatte le debite proporzioni tra gli avvenimenti delle due giornate, il lettore medio può farsi un'idea di come lo stile giornalistico italiano sia cambiato, tant'è che perfino il capo segreteria del sindaco di Roma, Enzo Foschi, ha sentito il bisogno di dichiarare che "I veri Black bloc sono tutti quei giornalisti infiltrati nel corteo...delusi dal fatto che non scorra sangue".
Dall'altra parte ci sono i manifestanti, molte migliaia, venuti da tutto il Paese e rappresentanti di movimenti di difesa del territorio (No Tav, No Muos e altri), della lotta per la casa, dei precari, dei migranti e di tante altre realtà sociali colpite dalla crisi degli ultimi anni, che hanno tutto le ragioni per lottare e andare in piazza. Chi fosse andato venerdì sera all'evento di San Giovanni, al concerto che ha accompagnato la prima "acampada", avrebbe però avuto la sensazione che anche qui, come nelle redazioni dei giornali, la principale tendenza è quella alla nostalgia per gli anni '70, o al massimo per i '90: sul palco, Assalti Frontali, 99 Posse e Banda Bassotti, tutte band con più di vent'anni di (onorata) carriera alle spalle, che già oggi però si possono collocare nel genere "nostalgia". Oltretutto, i momenti di maggior partecipazione del pubblico sono stati quando dal palco si cantavano "Stalingrado" degli Stormy Six (canzone peraltro bellissima), "El pueblo unido jamas sera vencido" o "L'Internazionale": con tutto il rispetto, pezzi di pura nostalgia, salutati a pugno chiuso da molte centinaia di persone anche nei momenti di maggior richiamo "sovietico".

Insomma, se si deve giudicare da queste premesse, l'Italia è un paese rimasto fermo anche nelle lotte. Dai ridicoli fascisti di Casapound che provocano il corteo, ai media che cercano una violenza stile '77, a una parte degli stessi manifestanti che sembrano credere a un'utopia comunista nemmeno troppo rielaborata, ma addirittura riferibile a modelli di regimi abbattuti dal malcontento di quella stessa classe operaia che, presumibilmente, dovrebbe ricrearli. Per fortuna, c'è anche dell'altro: se è vero che forse l'"antagonismo" sembra aver perso per strada, causa violenze poliziesche e non solo, una parte di quelle associazioni che erano nei "Social forum" a inizio anni 2000, e c'è anche da domandarsi se in un paese "allo sfascio" 70mila persone (se c'erano) siano sufficienti a dimostare un malcontento di massa (quanti sono rimasti a casa per la previsione di violenze?), d'altra parte la protesta ha trovato una forma di "guerriglia" adeguata ai tempi: quella di Anonymous, che ieri ha bloccato per ore i siti delle istituzioni, da quello del Ministero dei trasporti alla Corte dei conti, fino alla Cassa depositi e prestiti e al Ministero dello sviluppo economico.

La galleria fotografica è di Leonardo Migliore.