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Lo sceriffo deve morire, l'omicidio di Boris Giuliano

  • Scritto da Effe_Pi

Si chiamava Giorgio Boris Giuliano ed è stato ucciso dalla mafia il 21  luglio 1979 – the BadBox – #primapaginaLa storia di uno dei più dei famosi delitti di mafia, quello del capo della squadra mobile della Questura di Palermo assassinato nel 1979.

Scritto da Serpico

A Palermo, la mattina del 21 luglio del 1979, faceva caldo sin dalle prime ore del mattino. Al bar Lux, entrò un uomo in giacca, con due grandi baffoni e ordinò un caffè, come ogni mattina. Dopo un veloce cenno di saluto con la testa ad alcuni avventori seduti, mentre si apprestava a pagare, entrò un giovane pallido e tremante che lo freddò sparandogli alle spalle con una pistola. Quell’uomo riverso sul pavimento, già intriso del suo sangue, era Boris Giuliano, il capo della squadra mobile della questura di Palermo ed era già una leggenda.

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Lavoratore infaticabile, grazie il suo caparbio fiuto e le sue tecniche investigative considerate per quei tempi innovative, era stimato e benvoluto. Proveniva da un piccolo paese in provincia di Enna, era sposato e aveva tre figli. Giuliano arrivò a Palermo per immergersi nei misteri e nelle insidie della città. Era un gran lavoratore al quale non piaceva scaldare la poltrona in uffici sommersi da scartoffie polverose di ingialliti rapporti investigativi. Si esprimeva bene in inglese e si orientava benissimo nei vicoli della Palermo vecchia, vera essenza dell’umanità della città. Entrato in Polizia nel 1970 fece domanda per lavorare a Palermo. In quegli anni di “artigianato investigativo” come disse il giornalista Saverio Lodato, Giuliano è troppo acuto per credere alla favoletta della mafia buona e sonnolenta.

Dagli inizi degli anni settanta la mafia diventa più aggressiva e spavalda e non disdegna gli omicidi “eccellenti”. Nel 1970 scompare il giornalista Mauro De Mauro, direttore dell’Ora dove si occupa di coraggiose inchieste. Nel 1971 viene ucciso in un agguato il procuratore capo di Palermo Pietro Scaglione, nel 1977 viene assassinato l’ufficiale dei carabinieri Giuseppe Russo che indagava sulla scomparsa di De Mauro. Nel 1979 morirà anch’egli assassinato Michele Reina, segretario provinciale della DC. Giuliano si convince che sia in atto un cambiamento all’interno delle famiglie mafiose, un riassetto di equilibri che inevitabilmente inonderà di sangue la città. I segreti inconfessabili di Palermo e le sue sfumature lo attraggono come una calamità.

Grazie al suo carattere affabile e gioviale riesce a crearsi una fitta rete di informatori e collaboratori. Essendosi specializzato in America è in strettissimo contatto con i colleghi dell’FBI e della DEA. La Sicilia è diventata, grazie al potere esercitato dalle cosche mafiose, pedina importante dello scacchiere internazionale del traffico di droga. L’aumento vertiginoso del numero di tossicodipendenti in America sul finire degli anni settanta (passati ad un milione a fronte dei centomila dei primi anni sessanti) necessita di approvvigionamenti sempre più consistenti. Lo stesso mercato europeo si ingigantisce a dismisura. L’eroina è un affare d’oro che Cosa Nostra siciliana gestisce per conto delle famiglie americane.

Giuliano sospetta che in Sicilia ci siano le raffinerie che trasformano la morfina base in eroina per poi essere spedita in USA. Gli interessi in gioco sono talmente alti per capire quanto lo travolgimento di regole e alleanze sia assolutamente sacrificabile a fronte di guadagni stratosferici. Boris Giuliano è esperto di indagini bancarie e si arrovella tra giri di assegni e giroconti per trovare le prove dell’esistenza dell’asse Palermo-New York. Segue l’odore e la traccia dei soldi. La sua dedizione e il suo fiuto danno presto i risultati sperati. Nel giugno del 1979 nel nastro bagagli dell’aeroporto di Punta Raisi a Palermo i suoi poliziotti trovano due valige “abbandonate” contenenti circa 500000 dollari divisi in mazzette di banconote da piccolo taglio. La controprova inequivocabile a suffragio della teoria di Giuliano arriva qualche giorno dopo. All’aeroporto Kennedy di New York gli americani sequestrano eroina purissima per un valore di quasi 10 miliardi di lire.

L’attività investigativa di Giuliano diventa febbrile ed è rivolta alla ricerca delle raffinerie. Le rotte tradizionali del traffico del tabacco sono state sostituite e riconvertite nel ben più lucroso traffico di eroina. Tutte le famiglie, forti dei loro legami oltreoceano, vogliono parteciparvi. “Lo sceriffo” prosegue con uomini fidatissimi alla ricerca di tutti gli elementi utili a conferma della sua teoria ossia quella che vede la Sicilia un centro nevralgico nel traffico internazionale di eroina. Nel lungomare di Romagnolo a Palermo i suoi uomini trovano una covo di Leoluca Bagarella, pericoloso uomo d’onore della famiglia corleonese e cognato minore di Totò Riina, dove vengono rinvenuti documenti falsi, travestimenti e otto sacchetti contenenti ciascuno mezzo chilo di eroina purissima. Giuliano scopre quel giorno come i Corleonesi siano attivissimi nel traffico di eroina e presto stermineranno tutte le altre famiglie imponendo una feroce e spietata dittatura all’interno dell’organizzazione.

Cadranno tutti i boss più potenti da Stefano Bontate a Totuccio Inzerillo, da Beppe De Cristina ai Calderone. Alcuni per non soccombere passeranno dalla parte dei vincitori come Michele Greco della potente famiglia di Ciaculli e Pippo Calò della famiglia di Porta Nuova. Altri tradiranno, sacrificando amici e parenti, per avere salva la vita. La scoperta del covo di Leoluca Bagarella risulterà essere il capolinea anche per Boris Giuliano. Per Cosa Nostra la misura è colma! Ha scoperchiato segreti inconfessabili e in una città come la Palermo di quegli anni non può essere tollerato. Qualche giorno dopo il blitz di Romagnolo, nel centralino della Questura una voce anonima minacciò “Giuliano morirai”. Giuliano spedisce la famiglia in un paesino alle falde dell’Etna. Gli avrebbe raggiunti dopo una settimana, per trascorrervi tutti insieme le vacanze estive. Poi quel caffè al Bar Lux, a pochi passi da casa sua, dove ad attenderlo c’era il suo carnefice, Leoluca Bagarella.