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Intervista a Lucia Scanu, Movimento 5 Stelle

  • Scritto da Effe_Pi

Le INterviste di IteNovas.com sulle elezioni politiche del 4 marzo 2018. Quattro domande, sempre le stesse per tutti i candidati, sui temi caldi di questa campagna elettorale. 

Oggi pubblichiamo un'intervista con una protagonista delle prossime Elezioni politiche del 4 marzo, in particolare una candidata nei collegi della Sardegna. Risponde alle nostre 4 domande Lucia Scanu, candidata con il Movimento 5 Stelle nella lista plurinominale del Centro - Sud Sardegna per la Camera dei deputati al terzo posto della lista.

Qual è la novità di queste elezioni? Perché un Sardo deluso dovrebbe recarsi alle urne?

Sono convinta che rinunciare al diritto di voto non sia la strada giusta, per quanto vi sia un forte sconforto e una forte delusione nei confronti della politica da parte degli elettori. Ogni cittadino dovrebbe impegnarsi nell’interesse della collettività, votare è un modo per dare il proprio contributo. Un dovere soprattutto etico. Occorre capire che c’è una netta distinzione tra partitica e politica. Non possiamo essere stanchi della politica, anche perché qualsiasi scelta noi operiamo, stiamo facendo politica. La facciamo anche quando andiamo a fare la spesa e scegliamo cosa mettere nel carrello. In un modo o nell’altro ce ne dobbiamo occupare. Scegliere di votare è la scelta politica per eccellenza.  Questa volta l’Italia e i sardi possono decidere di fare una scelta netta: continuare a dare fiducia alle solite promesse di chi racconta di volere risolvere i problemi, salvo, poi, essere smentito dai fatti, o votare un progetto e un programma costruito “dal basso”. Scegliendo di votare per il movimento 5 stelle, invece, gli italiani hanno la possibilità di liberarsi di una classe politica incapace e corrotta, che ha distrutto il tessuto economico e sociale del nostro paese con 25 anni di malgoverno. Infatti la vera novità di queste elezioni è proprio il Movimento 5 Stelle, ossia quella forza politica che potrà dare al paese la possibilità di rompere il duopolio fra centro destra e centro sinistra che ha portato l’Italia allo sfascio, al punto che ci domandiamo se la prima repubblica (quella di Andreotti, De Mita, Craxi etc.) non fosse meglio della seconda (Berlusconi, Fini, Renzi etc.). Un movimento partito “dal basso” attraverso banchetti, volantinaggio e soprattutto attraverso la costante collaborazione dei cittadini che partecipano in modo attivo alla vita politica scegliendo direttamente, tramite la piattaforma Rousseau, i propri rappresentanti e la stesura del programma di governo, e attraverso moderni mezzi di comunicazione che vengono usati quotidianamente dai cittadini come strumenti di democrazia diretta. I sardi dovrebbero recarsi alle urne per far capire al prossimo governo, che hanno la schiena dritta e che non chinano la testa nonostante i soprusi perpetrati dai poteri forti dello stato. Votare per il movimento 5 stelle significa sostenere l’unico movimento politico che ha dimostrato di rispettare “nei fatti” le leggi dello stato e quindi unica garanzia di giustizia e di legalità e che potrà garantire ai sardi il rispetto dei propri diritti e le proprie legittime richieste.  Questa per i sardi dovrà essere la prova generale di una rivoluzione pacifica, che dovrà compiersi con l’unico obbiettivo di guidare la rinascita del popolo sardo.

Per la Sardegna serve autonomia, sovranismo o indipendenza? E perché?

E’ difficile parlare di indipendenza, dopo i recenti fatti che hanno riguardato la Catalogna. Del resto anche le parole autonomia, sovranismo o identità nazionale, alle quali si richiamano gli innumerevoli partiti e movimenti che animano la scena politica sarda sembrano essere solo slogan che servono a differenziarli gli uni dagli altri, in un confronto che non consente loro di trovare intese o punti condivisi di un progetto politico o quantomeno di governo. Per questo credo che, prima di tutto, al popolo sardo serva liberarsi dalla classe politica incapace e asservita, che ci ha governato negli ultimi decenni. Ricordiamo tutti che il governo Berlusconi aveva firmato con francesi e americani un patto scellerato per realizzare in Italia 8+8 centrali nucleari (di cui almeno 4 in Sardegna), sciagura sventata con il referendum che abbiamo vinto insieme nel 2011. Ricordiamo tutti il governo Renzi che ha sprecato 500 milioni di euro (non accorpando le elezioni amministrative con il referendum) pur di far mancare il quorum per il referendum contro le “trivellazioni a mare”, con l’unico scopo di favorire le compagnie petrolifere. Ricordiamo tutti il ministro Martino (governo Berlusconi), che venne in Sardegna per convincerci del fatto che “dovevamo essere orgogliosi di poter difendere gli interessi della NATO” (la Sardegna ha il 23% del proprio territorio assoggettato a servitù militari, il 65% delle servitù presenti in tutta Italia). Per le ragioni appena descritte occorre innanzitutto liberarsi della classe politica attuale. Dopo si potrà discutere di identità, di eventuale maggiore autonomia, di federalismo o di altra forma di governo locale. Detto questo alla Sardegna serve prioritariamente una visione di insieme e soprattutto una visione politica ad ampio spettro che la classe politica succedutasi nei decenni non ha mai dimostrato di avere. Ci serve un progetto di almeno quindici/vent’anni per riprogrammare l’economia del territorio secondo quelle che sono le nostre peculiarità, passando attraverso la valorizzazione delle nostre risorse. I sardi hanno il vantaggio di risiedere in un’isola incantevole, ma devono fare i conti quotidianamente con i problemi della mobilità. Vero tema da affrontare immediatamente se vogliamo essere competitivi sul mercato europeo. L’avere adottato fino ad oggi politiche abborracciate in questo settore, ci ha creato tantissimi limiti a causa della perdita di competitività nel trasporto delle merci e delle persone. Oltre questo, il turismo in Sardegna stenta a decollare come dovrebbe. Le infrastrutture sono insufficienti e la capacità ricettiva non è adeguata. La stagione turistica andrebbe allungata di almeno due/tre mesi, ci sono turisti del nord Europa e del Canada che non trovando servizi adeguati nei mesi non estivi preferiscono scegliere altre mete. Molto è lasciato al caso e gli operatori del settore non sono adeguatamente sostenuti. Occorre intervenire tempestivamente perché tanti cittadini (soprattutto giovani) stanno abbandonando la nostra terra per cercare lavoro all’estero, autorizzando il Pd a proporre la sostituzione dei sardi con immigrati di ogni razza.

Cosa ritiene di poter fare in Parlamento per i suoi concittadini di un’Isola troppo spesso dimenticata?

Ho vissuto e lavorato per tanti anni all’estero, questo mi ha consentito di acquisire una visione d’insieme che è difficile avere senza conoscere altre realtà oltre la propria. Tra le mie esperienze professionali annovero anche la gestione di una struttura ricettiva. Conosco il settore e le sue esigenze, mi concentrerò sui problemi delle imprese ricettive e sull’industria del turismo in genere. Abbiamo previsto nel nostro programma, attraverso la Banca Pubblica per gli Investimenti, strumenti finanziari di sostegno alle imprese. Sono convinta che questo strumento possa essere un volano per l’economia dell’isola, in quanto la Sardegna ha bisogno di investimenti mirati nei settori fondamentali come il turismo. Inoltre, a mio avviso uno dei principali problemi da affrontare in Italia è la disoccupazione giovanile, che in Sardegna in particolare supera la percentuale del 56% e che vede i nostri giovani emigrare per poter trovare una occupazione stabile. Io ne sono la prova. Il lavoro è un diritto sancito dalla costituzione italiana come diritto primario del cittadino, ma che ci viene continuamente negato dai governi. Così mentre in Italia si lotta per avere un lavoro sottopagato, le industrie italiane delocalizzano nel nord-Africa (Benetton ha circa 18.000 dipendenti in Tunisia e “Nonna Isa” acquista le produzioni di olive, olio e pomodori nella stessa Tunisia) oppure nei paesi della Europa dell’Est, dove esiste la zona franca (Serbia) o dove comunque esistono “aiuti comunitari” che distorcono il mercato della produzione e del lavoro. Il caso della industria del Torinese leader mondiale nella produzione di “pompe di calore” per frigoriferi (Embraco, del gruppo Whirlpool), che licenzia 500 dipendenti per delocalizzare in Slovacchia, mi pare un caso emblematico dello sfascio e delle ingiustizie create dalla legislazione europea, applicata senza regole di controllo e/o compensative. Su questo punto colgo l’occasione per ricordare che il nostro movimento prevede che industrie come questa, se vorranno delocalizzare, prima di tutto dovranno restituire come minimo tutti gli aiuti economici ricevuti dallo Stato Italiano, salvo avviare una procedura di infrazione nei confronti degli stati (in questo caso la Slovacchia) che si candidano ad ospitare queste industrie. Noi del movimento pensiamo che la disoccupazione non si combatta facendo delle riforme che anziché tutelare i giovani creano ulteriore precarietà, come il jobs act regalatoci da Renzi, ma si combatte facendo investimenti in settori produttivi ad alto moltiplicatore occupazionale che consentono di creare nuovi lavori rimettendo in moto l’economia reale del paese.

Cosa pensa di insularità e zona franca? Sono soluzioni praticabili che possono essere proposte alle Camere?

Premesso che su questi temi attualmente non ci sono previsioni nel programma del movimento 5 stelle, ma non ci sono nemmeno posizioni preconcette. Vero è che il movimento 5 stelle rispetterà in pieno (come ha finora dimostrato di saper fare) tutte le previsioni normative e tutti i diritti dei popoli, compreso il diritto al recupero dello svantaggio economico derivante dalla insularità, di conseguenza i sardi saranno pienamente tutelati nell’eventuale governo a 5 stelle.  Insularità e zona franca sono dei problemi con diverse sfaccettature: giuridiche ed economiche. In particolare l’istituto della zona franca, che è già un diritto sancito dalla legislazione italiana ed europea, ha implicazioni giuridiche complesse, essendo regolato da norme comunitarie e nazionali. Ricordiamoci che i vantaggi fiscali, a mio avviso, non possono essere considerati distorsivi del mercato, ma solamente la compensazione degli innumerevoli svantaggi economici dovuti ai tempi e costi di trasporto (delle merci, delle materie prime, della energia, delle persone) che derivano dalla nostra condizione di insularità (di cui spopolamento e bassa infrastrutturazione costituiscono purtroppo la logica conseguenza). Il nostro Statuto speciale, poi, fa salva la possibilità di istituire punti franchi; penso che sarebbe opportuno approfondire meglio la questione dei vantaggi che questo strumento potrebbe avere nella nostra economia. Se leggiamo l’articolo 119 comma V della Costituzione, comprendiamo subito che già oggi sono previste misure compensative attraverso “risorse aggiuntive” che lo Stato deve destinare alle regioni svantaggiate come la nostra per riequilibrare gli squilibri economici e sociali esistenti. Se questo non viene fatto non è a causa della mancanza di strumenti normativi, ma a causa della mancanza della volontà politica. Noi proponiamo altri mezzi per ridurre il gap che esiste tra le varie regioni del nostro Paese. Innanzitutto, è necessario ridurre le aliquote IRPEF e allargare la no tax area fino a 10 mila euro, ridurre il cuneo fiscale nella componente INAIL, dimezzare l’IRAP. Eliminare gli studi di settore e lo spesometro e sostituirli con la fatturazione elettronica in grado di ridurre la burocrazia fiscale. Secondo noi sono questi gli interventi per famiglie e imprese in grado di ridare vitalità all’economia italiana e sarda.