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L’eredità di Matteo Messina Denaro e la nuova Mafia

  • Scritto da Giornalista Pubblicista

Di Serpico

Dopo la morte di colui che è stato definito l'ultimo Padrino ecco le ipotesi sul futuro delle organizzazioni criminali siciliane.

La morte di Matteo Messina Denaro, ex latitante e primula rossa di Cosa Nostra apre inevitabilmente situazioni imprevedibili e nuovi assetti. Oppure no! Semplicemente si svilupperanno scenari già scontati e naturali secondo i codici e le regole di Cosa Nostra. Regole che durante il delirio di morte e violenza dei Corleonesi sono state spazzate via, così come tante vite umane, ma che pur sempre sono a fondamento dell'agire mafioso e dell'organizzazione stessa. Di certo si porterà nella tomba inquietanti e pesanti segreti e in tanti avranno tirato un agognato respiro di sollievo. Messina Denaro è molto diverso dai Riina e dai Provenzano. Viene dalla provincia è rappresentante di una mafia antica, pericolosa e a lungo trascurata. Trapani è il luogo dove logge, centri di poteri occulti, servizi segreti deviati e mafia si incontrano e fanno affari, si scambiano favori e si associano in una diabolica convergenza di interessi.

E ‘una mafia spietata che uccide, ma a differenza dei viddani corleonesi, è silenziosa. Le cosche trapanesi hanno agganci politici di altissimo livello e questo permette loro di mettere le mani su ogni affare redditizio. Le amministrazioni pubbliche sono infiltrate e condizionate da sempre dallo strapotere delle famiglie mafiose che hanno ovviamente anche qui un’origine contadina e feudale. Inoltre questa bellissima parte della Sicilia ha un’ottima posizione strategica nello scacchiere chiamato Mar Mediterraneo. Matteo Messina Denaro, figlio di Don Ciccio era un giovane rampollo, sprezzante e spavaldo, killer spietato ma anche dotato di grande fiuto per organizzare e dirigere una vasta rete affaristica nei settori più disparati. Lo stesso Riina si lamentò del suo pupillo, perché pare che il giovane Matteo si fosse dimenticato degli amici caduti in disgrazia, carcerati e latitanti, perché pensava solo agli “affari suoi”.

Tuttavia appare difficile immaginare che si possa dirigere Cosa Nostra dalla provincia, e pertanto non può dirsi con certezza che Matteo Messina Denaro sia l'erede naturale di Totò Riina. Sapeva che quel cancro presto l'avrebbe portato alla morte le avrebbe reso più difficile la sua latitanza, infatti precisa con il magistrato De Lucia che "se non fosse per il tumore non mi avreste mai preso". A differenza di Ziu Totò e Ziu Binnu lui parla con il magistrato, senza essere un pentito. È lontana da lui ogni forma di collaborazione ma, pure ammettendo di essere un uomo d'onore “a modo suo”, dichiara (non potrebbe fare altrimenti) di conoscere Cosa Nostra solo attraverso i giornali. Però ci tiene a precisare la sua estraneità con l'assassino de piccolo Di Matteo, figlio del pentito. Ammette il suo coinvolgimento al sequestro ma il triste epilogo è opera di Giovanni Brusca "U Verru" oggi discusso collaborare di giustizia.

È paradossale e “doppiamente” mafioso il suo modo di ragionare! Infatti in Cosa Nostra “nulla è ciò che appare”. Afferma di non appartenere all’organizzazione ma al tempo stesso con la forza di un linguaggio carico di simboli e significati si affranca da questa tremenda responsabilità come la morte di questo bambino. “Nessun problema per gli ergastoli delle altre sentenze”. Ma non vuole che il suo nome possa essere collegato l’uccisione del bambino. Si definisce un malavitoso "onesto" a differenza di chi, ad esempio l'ex sindaco di Castelvetrano, ha cercato di tradirlo collaborando con i servizi segreti per la sua cattura. Disprezza anche i palermitani, perché “fanno tutto per interesse.” Non ha fatto cenno alle guerre di mafia, alla carneficina che ha reso anche i trapanesi protagonisti, né tantomeno fa cenno alle stragi dei giudici Falcone e Borsellino e quelle del tremendo 1993 di Roma, Milano e Firenze. Anche la figura di Matteo Messina Denaro è impregnata di messaggi da decifrare di parole apparentemente senza significato, da frasi dette e non dette.

E’ un boss potente e rispettato non solo dai giovani ma non ha bisogno di esibire, chi deve sapere sa! Chi si è immolato e dedicato per proteggerlo in questi lunghi anni ha l’onore salvo, la sua famiglia entra nelle grazie del cerchio magico e parentale del boss, dove le donne sono le vere protagoniste e detengono il potere di trasmettere gli ordini, gestire le ricchezze e gli affari. Moribondo da ordine affinché la sua unica figlia non riconosciuta che non ha mai visto crescere porti suo il cognome e non più quello della madre. Messina Denaro. Cognome ingombrante.! Perché? Forse l’ultimo gesto di pietà di fronte alla morte dopo una vita dissennata? O forse perché è l’unico modo che consente a sua figlia, di ereditare l’immensa ricchezza celata dietro prestanomi, società fittizie, conti esteri, partecipazioni societarie etc.. ? L’organizzazione ha bisogno di trovarsi di fronte una persona legittimata, secondo le regole di Cosa Nostra, a riscuotere! Una Messina Denaro, sangue del suo sangue. Cosa Nostra ha subito colpi quasi mortali, è in una fase, come spesso è accaduto nel passato, di immersione e di riorganizzazione con i vecchi padrini che tornano dopo decenni e giovani scalpitanti che trepidano dalla voglia di farsi notare. Nei quartieri di Palermo, nelle contrade e nelle storiche roccaforti della mafia la sua presenza silenziosa si sente. Da tempo non si spara più, sono lontani i tempi delle mattanze e delle stragi ma questo non vuol dire che Cosa Nostra sia scomparsa. Un dato comunque è assodato! E’ scomparsa dall’agenda politica e questo non può che essere un vantaggio per l’organizzazione.

Foto | Global Panorama su Flickr