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2015: ecco i licenziamenti nel settore pubblico

  • Scritto da Effe_Pi

Renzi Poletti PADopo il Jobs Act, i casi di assenteismo dei Vigili Urbani di Roma lanciano la "volata" verso i licenziamenti facili anche per i lavoratori della Pubblica amministrazione.

Lavorare nel settore pubblico in Italia significa svolgere mansioni spesso poco gratificanti, avere stipendi bloccati mediamente più bassi rispetto al privato e in casi non rari arrivare anche a 5-10 anni di precariato prima di essere assunti con l’agognato contratto a tempo indeterminato, che può essere ottenuto solo con concorso: d’altro canto, il livello di stress e sfruttamento è molto minore che nel privato, finora sono stati mantenuti diritti e garanzie altrove da tempo ridimensionati o smantellati (articolo 18 in primis) tra Fornero e Jobs Act e finora, una volta assunti a tempo indeterminato, era pressoché impossibile essere licenziati.

Il 2015, molto probabilmente, sarà l’anno in cui tutto questo cambierà. Le prime avvisaglie si sono avute già al crepuscolo dello scorso anno, quando il senatore di Scelta Civica Pietro Ichino, da sempre paladino di flessibilità e “licenziamenti facili”, ha sostenuto che il Jobs Act dovesse essere applicato da subito ai lavoratori pubblici, venendo smentito (per il momento) dalla Ministra della Funzione Pubblica, Marianna Madia. Ma sono soprattutto i primi vagiti del nuovo anno a misurare l’ostilità della politica e di gran parte dei media verso il pubblico: complice un’azione “politica” di ostilità al sindaco di Roma Ignazio Marino, oltre l’83% dei Vigili urbani di Roma si sono messi in malattia (o altri giustificativi di assenza) il 31 dicembre, proprio quando nella capitale erano previsti eventi di piazza e traffico straordinario per i festeggiamenti del Capodanno. Di per sé, una scelta di "lotta" discutibile, criticata dagli stessi sindacati che hanno rifiutato (ad esempio la Cgil) di indire assemblee pubbliche per consentire ai “Pizzardoni” di non lavorare la notte del primo dell’anno, ma che è diventata subito la prima notizia su tutti i media nazionali e ha scatenato una tale mole di reazioni politiche da lasciar presagire un’ulteriore “stretta” su tutti i dipendenti pubblici.

In pochi sembrano in grado di distinguere tra il caso specifico e la situazione generale, come fa ad esempio Marco Furfaro di SEL che definisce quanto accaduto a Roma a Capodanno uno “scandalo” che se però diventa “un pretesto, come fa il governo, per introdurre facili licenziamenti collettivi è da avvoltoi della politica: le regole per i furbi ci sono già, le sanzioni pure. Basterebbe utilizzarle, per loro e anche per i loro amici, visto che il pubblico impiego è oggetto da anni di infornate di amici dei politici (compresi quelli di Renzi) che poi passano il tempo a criticare il settore. Banalizzare, generalizzare e utilizzare 700 vigili in malattia per colpire tutto il pubblico impiego è l'antitesi della politica. Se ci sono abusi, si colpisce quelli, non si toglie diritti a tutti”. Una posizione isolata, visto che il premier Matteo Renzi ha già annunciato per il 2015 il "cambio di regole nel pubblico impiego" per far sì “che non si ripetano mai più casi come quello della Capitale”, mentre il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti (anche lui di Scelta Civica) ha nuovamente chiesto “l'applicabilità del Jobs Act ai dipendenti pubblici”, e il deputato dello stesso partito Gianfranco Librandi ha spiegato che i fatti di Roma dimostrano “quanto fa male la percezione di impunità e illicenziabilità nel pubblico impiego”.

I politici in generale non sembrano proprio in grado di distinguere, così si oscilla tra chi chiede provvedimenti durissimi e chi difende i vigili, sempre per motivi politici o di “infornate” come quelle sopracitate. E’ il caso della destra più o meno estrema, ad esempio il leghista Matteo Salvini se la prende col sindaco della capitale: ”A Roma vigili e autisti di autobus protestano. Invece di prendersela con loro, Renzi licenzi il primo problema di Roma: il sindaco Marino!”. Sulla stessa linea Giorgia Meloni, di Fratelli d’Italia, secondo cui “Roma non merita un sindaco che non ha neanche il controllo del suo personale” e il redivivo Francesco Storace (La Destra) per il quale "l'assenteismo con i vigili di Roma non c'entra un fico secco. Sono stufi di essere pagati male, solo tagli. Si chiama protesta, cari compagni”.
Un’ulteriore spinta alla guerra tra poveri, in tempi di crisi: italiani contro immigrati, lavoratori privati contro lavoratori pubblici, giovani non garantiti contro pensionati (pseudo) garantiti, secondo quel divide et impera che sembra tipico anche delle economie neoliberiste. E pensare che buona parte dell’Europa, dalla Spagna alla Grecia, sembra in procinto di cambiare strada, come successo da tempo in altri continenti: in Italia, invece, anche nel principale partito che dovrebbe dirsi “di sinistra” sembrano essere in pochi a ricordare l’insegnamento di Noam Chomsky secondo cui si tagliano i fondi al settore pubblico apposta per renderlo inefficiente, in modo da avere poi la scusa per privatizzare le sue attività e metterle in mano a grandi gruppi economici interessati solo al profitto.