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L'Autunno caldo di Italia e Francia è anti migranti

Tra proteste, consultazioni popolari e atti vandalici in Italia e Francia è scoppiato l'autunno caldo: contro i profughi in fuga da guerra e povertà.

Da Monastir a Goro, passando per Forges-les-Bains fino a Calais molti piccoli centri respingono l'arrivo dei migranti. Ma se in Italia il sistema di accoglienza è “al collasso”, lo sgombero della “Jungle” francese apre un'incognita sulla tenuta di quello francese. Se una volta i cortei dell'autunno chiedevano diritti e lavoro, oggi vogliono cacciare dall'Europa chi fugge da fame e guerre. E quello dei migranti è ormai un problema cronico che rischia di deteriorarsi.

UN'ACCOGLIENZA CHE NON FUNZIONA MOLTIPLICA LA XENOFOBIA

Barricate di legno e cittadini per strada hanno impedito ieri sera l'arrivo di un bus che avrebbe dovuto portare nell'ostello Amore-Natura di Goro e Gorino, provincia di Ferrara, 12 donne migranti di cui una incinta. La vicenda di Goro sta facendo molto discutere perché fa parte del controverso tema dell'accoglienza ai migranti in Italia, già al centro di numerose polemiche nei mesi scorsi, spesso anche a causa della disinformazione o di campagne politiche intransigenti condotte da qualche esponente della Lega Nord ma non solo.

Sempre questo mese a Monastir, in provincia di Cagliari, accese manifestazioni di protesta per la trasformazione dell'ex scuola di Polizia penitenziaria in centro di accoglienza per migranti (Cpsa) sono culminate in un attentato incendiario agli edifici della stessa ex scuola. Quello che accomuna i due episodi è il sempre più difficile dialogo tra prefetture e comuni, con i cittadini che, diffidenti verso le istituzioni (non solo i prefetti ma anche i sindaci, come a Goro), non vogliono i migranti. “Allarmismi e poca pianificazione portano ad attacchi xenofobi” ha scritto Amnesty International dopo l'attentato in Sardegna.

Secondo l'ultimo report degli attivisti di LasciateCIEntrare il sistema sardo dell'accoglienza è “quasi al collasso, privo di una politica di medio e lungo termine” in cui i business e le strutture isolate e lontane dai trasporti pubblici “sembrano costituire un fronte unico, un immenso parcheggio per esseri umani.” E poi pasti inadeguati per donne, bambini e uomini che spesso vivono in promiscuità in stanzoni con infermerie improvvisate e bagni allagati. Strutture in cui “fioriscono ghetti destinati ad alimentare soltanto frustrazione e rassegnazione, anticamera di pratiche di sfruttamento legale o meno, mentre le istituzioni continuano ad operare in un clima emergenziale e contemporaneamente cercano di rassicurare l’opinione pubblica affermando che l’accoglienza in Italia è sotto controllo”.

LO SGOMBERO DI CALAIS E QUELLO CHE VERRÀ DOPO

Da qualche giorno è in corso lo sgombero del campo profughi di Calais, la controversa “Jungle” che oggi è popolata da oltre 7mila persone. Un'operazione condannata dalla Caritas francese perché “di comunicazione” visto che di umanitario avrebbe “solo il nome”. Alta 4 metri, “la Grande Muraglia di Calais”, come definita da alcuni media, svetta sulla barriera metallica rifinanziata dalla Gran Bretagna e costruita tra il porto e il campo per “limitare” i tentativi di assalto ai tir diretti a Dover attraverso l'Eurotunnel.
All'inizio di questo mese, camionisti e agricoltori francesi hanno bloccato l'autostrada verso Calais, chiedendo la chiusura del campo. La zona intorno è da tempo terreno di scorribande. Alcuni gruppi di giovani a volto coperto e armati di bastoni improvvisano blocchi ai camion per far salire alcuni migranti. I cronisti della Bbc riportano che questi, costretti a pagare, subiscono i pestaggi dei trafficanti prima di salire sui tir.

Ma dove andranno a finire i migranti di Calais? L'idea è quella di ripartire 9000 persone in 300 strutture. Ma ai primi di ottobre, a sud di Parigi, dipartimento dell'Essonne nell'Île-de-France, e poi più a sud in quello del Var, regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra, e nella Drôme (Alvernia-Rodano-Alpi) alcuni piccoli paesi scelti per accoglierli hanno deciso consultazioni popolari e visto manifestazioni di protesta (di cui una convocata dal Front National locale), con centinaia di persone in corteo pro e contro l'apertura di nuovi centri di accoglienza.
A Forges-les-Bains, 3700 abitanti nell'Essonne, a settembre la popolazione si era espressa per il 59% contro l'arrivo di 44 afgani nella struttura che, prima del loro arrivo nei giorni scorsi, è stata incendiata. Uno degli elementi della discordia è stata la vicinanza della scuola al centro e la paura di possibili attacchi da parte dei migranti. Paure infondate secondo Pierre Henry, presidente dell'associazione France terre d'asile, perché i centri “producono sicurezza”.
Intanto l'associazione no profit L'Auberge des migrants, molto attiva nella “Jungle”, ha destinato ai migranti richiedenti asilo un progetto che coinvolgerà 80 di loro, in maggioranza sudanesi, per studiare prima il francese (corso intensivo) e poi frequentare un corso di laurea scelto da loro nell'università di Lille.

Foto: Paolo Ardu