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Libri e indipendenza: incontro con Bainzu Piliu

  • Scritto da Enrico Lecca

Incontro a San Basilio con lo storico indipendentista sardo autore di "Cella 21", che a 82 anni medita ancora su un suo possibile rientro nella politica dell'isola.

Bainzu arriva accompagnato dalla moglie, puntualissimo a bordo di una Clio un po' rumorosa. L'occasione del nostro incontro è la presentazione del suo libro “Cella n 21” a San Basilio. Ho invitato Piliu a San Basilio quando ormai sono passati due anni da quella prima volta a Bauladu: c'era il Festival letterario Ananti de Sa Ziminera e lui aveva presentato il suo libro, uscito da poco, insieme a Francesco Casula. Rimasi impressionato dalla sua storia ma sopratutto dalla sua passione, così decisi che un giorno lo avrei invitato in paese. Occhi grandi e attenti e sorriso affabile, mi saluta con una bella stretta di mano, mi presenta la sua signora e ci dirigiamo all'interno della sala. Neanche il tempo di chiedere com'è andato il viaggio e se gradisce qualcosa da bere che mi chiede cosa penso della attuale situazione  indipendentista in Sardegna. Bainzu non va in giro per la Sardegna solo per presentare il libro, la sua missione è anche e sopratutto conoscere i sardi, capire quello che pensano e scovare quelli che hanno le potenzialità per portare avanti il progetto di indipendenza. Non si tratta di una missione segreta, visto che Bainzu lo dichiara apertamente e giura che finché la salute glielo consentirà non smetterà di cercare e di andare in lungo e in largo per l'Isola a raccontare e a parlare con i sardi portando la sua testimonianza e la sua esperienza.

Classe 1934, 82 anni e entusiasmo da vendere. Alla domanda “perché non rientra in politica?” risponde “non è ancora il momento.” Il mondo indipendentista di oggi lo delude; si parla si parla ma non si fa niente. Un po' come quando era Presidente del FIS e urlava ai quattro venti il suo disappunto verso il Psd'Az e alcuni suoi autorevoli esponenti che predicavano bene ma razzolavano male. Famoso per aver fatto discutere due tesi in sardo ai tempi in cui ricopriva il ruolo di professore di Chimica all'Università di Sassari era un personaggio scomodo allora e non smette di esserlo adesso. Racconta della corrispondenza avuta con il Ministero dell'Istruzione, che non ammetteva il “dialetto sardo” nella discussione delle tesi. Bainzu non infranse alcuna legge e riportando alla mente quei ricordi sorride soddisfatto, mentre legge ad alta voce la lettera che inviò in risposta direttamente al Ministro. Il suo stile è irriverente, fatto per provocare con la consapevolezza di essere nel giusto. Bainzu sorride anche mentre ricorda l'incontro avuto con Pertini, che venne a Sassari in occasione dell'inaugurazione del monumento alla Brigata Sassari. Allora era sindaco di Bulzi, e come tutti gli altri sindaci della zona era stato invitato a presentarsi all'allora Presidente della Repubblica. “Indeciso se accettare l'invito o meno alla fine indossai l'abito tradizionale di Bulzi, infilai la fascia tricolore in tasca e andai all'incontro”. Decise, durante i pochi secondi previsti per il saluto e la stretta di mano di consegnare di persona una lettera al Compagno Presidente, raccomandandolo di leggerla prima che fosse troppo tardi. La lettera conteneva una specie di promemoria scritto di getto, nel quale Bainzu ricordava al Presidente i tanti problemi della Sardegna consigliandogli di fare qualcosa perché la situazione era intollerabile e i sardi presto si sarebbero ribellati; “Pertini deve avermi preso per un povero pazzo!”.

 

Dopo qualche tempo da quell'avvenimento ricevette un altro invito: lo Stato Italiano gli offriva vitto e  alloggio nel carcere di Buoncammino. Accusato di essere il capo ideologico di una organizzazione che aveva lo scopo di separare la Sardegna dall'Italia mediante la lotta armata venne condotto prima a Cagliari, poi venne trasferito a Sassari. Bainzu racconta la durezza del carcere, la lontananza dalla famiglia, la moglie malata, le difficoltà economiche. Il processo si concluderà molto tempo dopo con una condanna a quattro anni di prigione. Di fatto non furono trovate prove della sua colpevolezza, solo delle testimonianze confuse di alcuni pentiti facenti parte della “organizzazione”. Ma erano gli anni del terrorismo e la paura di attentati era forte, forse serviva una condanna esemplare per bloccare la nascita di altre organizzazioni sovversive. O forse certi discorsi di indipendenza in un Paese come l'Italia che ha mostrato varie volte il suo carattere reazionario e che considera l'unità dello Stato un principio sacro, è meglio non farli. Riconquistata la libertà nel 1989 l'attività politica di Bainzu va pian piano scemando nel corso degli anni. Deluso di come non sia riuscito a raggiungere gli obiettivi prefissati nei primi anni di attività politica si concentra su altro. Riprende il lavoro all'Università di Sassari e riflette sugli errori commessi in passato. A 67 anni sente il bisogno di qualcosa di nuovo. Prende dimestichezza con il computer e esplora le infinite possibilità che offre Internet. Per un uomo curioso come Bainzu internet è letteralmente una miniera d'oro. Decide così di iscriversi al corso di Psicologia dell'Università di Cagliari e dopo alcuni anni di studio riesce a laurearsi. Seguiranno laurea specialistica, esame di Stato, master di salute mentale, iscrizione all'albo e inizio della professione.  Niente male per un uomo della sua età. Personalmente non conosco molti altri esempi del genere. Perché aldilà delle idee politiche, su cui uno può essere o meno d'accordo, la storia dell'uomo Bainzu Piliu è assolutamente affascinante.

Nasce da genitori poveri ma di grande carattere che gli permettono di studiare. Durante l'infanzia vive con la famiglia in un magazzino riadattato a casa a Sassari. Emigra in Germania, torna e si diploma geometra; consegue la laurea in farmacia, entra all'Università come tecnico e diventa Professore di Chimica. Quando ha più di quarant'anni e una posizione rispettabile si innamora della politica. E' un colpo di fulmine che cambierà la sua esistenza. Entra nello scenario politico isolano a gamba tesa, con l'entusiasmo tipico del principiante, tanto cuore e poco calcolo. Forse sarà proprio quest'aspetto a tradirlo ad un certo punto. Non ci mette molto a conquistarsi antipatie potenti, anche all'interno del suo stesso partito. Pensiamoci, quanti di noi l'avrebbero fatto? Quarant'anni, moglie e figli a carico, lavoro sicuro e più che dignitoso, una vita abbastanza comoda va a lanciarsi in un progetto politico avversato dai più e vestendo i panni del rompiscatole, va in giro a dire come la pensa, come la pensa davvero. In politica può andare molto lontano uno che dice veramente quello che pensa e fa quello che dice? La storia di Bainzu merita di essere raccontata e conosciuta. Mi si dirà che non è da prendere da esempio per via dei suoi trascorsi giudiziari. Penso sia un approccio miope e sbagliato. Alcuni lo considerano un criminale, un megalomane pericoloso, un pazzo, altri un patriota e un rivoluzionario. Io ho conosciuto un uomo fuori dal comune, con mille interessi, una curiosità e un entusiasmo straordinari. Difficile giudicare quello che accadde in quegli anni; è passato troppo tempo, la società è cambiata. Sta a noi stabilire cosa di buono può insegnarci la vicenda umana di Bainzu; lo dico sia da indipendentista sia da essere umano. Penso a quel giorno del 1975, quando magari dopo aver fatto colazione, guardando fuori dalla finestra di casa sua realizzò che avrebbe passato il resto della sua vita a combattere per liberare la Sardegna dal giogo coloniale italiano. L'ha fatto nel modo sbagliato? Ha commesso degli errori? Può darsi, si era dato un obiettivo difficilmente raggiungibile nell'arco di una vita. In questi casi si sa, se vinci sei un eroe e se perdi non sei nessuno. Ma la partita è ancora tutta da giocare e sarà la storia a dirci come andrà a finire. Personalmente posso ritenermi soddisfatto: ho conosciuto Bainzu Piliu, un uomo coraggioso e coerente.