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La Sardegna ricorda l’indipendentista Simon Mossa

  • Scritto da Effe_Pi

Indipendenza Simon MossaA 44 anni dalla morte il ricordo di uno dei padri dell'indipendentismo sardo, tra i primi a spiegare come l'isola potrebbe vivere anche sganciata dall'Italia come hanno fatto altri prima.

Di Enrico Lecca

Oggi, 14 luglio 2015, vogliamo ricordare la scomparsa di un uomo: Antoni Simon Mossa, morto il 14 luglio 1971. Chi è  costui? E per quale motivo vogliamo conservarne il ricordo? Antoni Simon Mossa fu prima di tutto un uomo brillante. Nacque a Padova nel 1916, ma le sue origini sono algheresi. Laureatosi in architettura, ha avviato una carriera che lo ha portato a lavorare tra Sassari e Alghero. Simon Mossa fu un intellettuale, i cui interessi spaziavano a 360 gradi (arte, tradizioni popolari, poesia, pittura, giornalismo, politica, ecc..).

Parlava correttamente spagnolo, catalano, inglese, tedesco, italiano, ovviamente il sardo e studiava russo, greco e arabo. Viene considerato uno dei padri dell'Indipendentismo sardo, essendone stato ideologo e esponente di prima linea. I suoi scritti e i suoi discorsi sono la base necessaria per chiunque voglia avvicinarsi al mondo dell'Indipendentismo sardo. Le sue parole, i suoi pensieri sono di una forza prorompente e difficilmente si rimane indifferenti nel leggerli. Ai suoi occhi la Sardegna non era che una colonia nelle mani di uno Stato Italiano tra i più centralisti d'Europa. Trattandosi di colonia è facile capire come una qualsivoglia idea di sviluppo sociale, economico o sociale risultasse irrealizzabile già in partenza; la colonia viene sfruttata per definizione. Simon Mossa dunque pensava che "l'Indipendenza della Comunità Sarda sia indispensabile per la riforma radicale della struttura sociale e la possibilità di una reale crescita economica del popolo sardo".

Si certo, belle parole, se se sentono tante in giro, però come farebbe la Sardegna a vivere da sola? A questa domanda un uomo come Simon Mossa, fine intellettuale ma allo stesso tempo uomo "pratico" rispondeva: "Fra le mille risposte una sola è sufficiente per chiarire le nostre ragioni: forse che oggi la Sardegna non vive già da sola? E aggiungiamo: che cosa ci ha dato lo Stato Italiano di più di quello che abbiamo restituito e con gli interessi? Ma ci domandiamo ancora: quale Paese al mondo riesce a vivere da solo? Forse che la Gran Bretagna e gli Stati Uniti non hanno bisogno dei mercati di tutto il mondo? Forse che l'Italia, il Paese che temporaneamente ci amministra come un qualsiasi possedimento coloniale potrebbe vivere senza la solidarietà  di altri Paesi?"

Tutto ciò veniva detto e scritto quando la Vertenza sulle Entrate non esisteva ancora. La risposta di Simon Mossa alla domanda sopra è decisa e ci invita a ragionare in termini molto semplici: Perché gli altri si e noi no? Spesso sentire come risposta ad una domanda un'altra domanda è fastidioso, ma non in questo caso, non quando le domande in risposta sono così maledettamente pertinenti e demoliscono letteralmente il ragionamento che ha portato a formulare la prima domanda. Ancora più incisivo nel parlare del concetto libertà = indipendenza durante un intervento tenutosi in San Leonardo da Siete Fuentes il 22 Giugno 1969, ad un convegno di indipendentisti: 

"Non dobbiamo confonderci con coloro che servendo gli oppressori si sono trasformati in KAPO'. Dobbiamo razionalizzare e rendere comprensibile al popolo sardo, oggi fuorviato dal funzionalismo dei partiti coloniali, quella intuizione di libertà che lo agita. Quella libertà si chiama indipendenza politica ed economica e giustizia sociale: libertà che significa che i sardi debbono essere prima di tutto padroni della loro terra, arbitri dei loro destini. Ma dovranno acquisire una profonda fiducia in sé stessi. Dovranno intendere che la redenzione sociale non potrà mai essere importata al di là del mare come una qualunque merce di scambio. Ma dovranno essere essi stessi ed essi soli gli autori di quest'opera di riscatto. Altrimenti dovranno rinunciare ad essere uomini, ad essere popolo libero, e restare per sempre schiavi."

Simon Mossa ha ben chiaro che chi vuole mantenere lo status quo è da considerarsi "nemico del popolo sardo", "traditore", "piccolo miserabile quisling" ( il termine quisling deriva dal nome del famoso collaborazionista norvegese Vidkum Quisling. Egli fu un militare e politico collaborazionista della Germania nazista. Il termine si adopera ancora oggi nei confronti dei governi che si mettono al servizio degli occupanti stranieri). Antonio Simon Mossa ci sprona a "promuovere lo spirito di ribellione", "suscitare l'atmosfera della resistenza", "creare uno stato di tensione" per contrastare chi tradisce il popolo sardo difendendo lo status quo e si approfitta in modo indegno.

Ma a chi spetta l'arduo compito di "tenere alta la tensione"? Ovviamente a chi desidera che le cose cambino, a chi ne ha la sincera volontà, a chi ha la forza di condurre il popolo sardo all'indipendenza. Tutti i processi che hanno portato all'indipendenza di un popolo sono stati guidati da un nucleo compatto di personaggi, intellettuali, politici, giornalisti, filosofi, ecc.. Una volta ho avuto il piacere di parlare, a Dublino, con un professore di storia a proposito della guerra di indipendenza irlandese. Domandai se i rivoluzionari avessero avuto l'appoggio del popolo durante quel periodo. Assolutamente no, rispose, il popolo era alla fame, oppresso, ma fermamente contrario ad una eventuale indipendenza. L'obiezione più frequente che veniva fatta ci riporta all'inizio del nostro discorso, ovvero: come faremo senza gli inglesi? Beh la storia ha dato ragione a quel manipolo di uomini che avevano una visione illuminata del futuro della loro nazione. Mentre gli altri avevano una visione triste della loro nazione, condannata all'eterna sudditanza verso Londra, questi uomini con le loro intelligenze e un profondo spirito patriottico, sono riusciti a liberare il loro popolo e assicurargli un futuro di indipendenza. L'Irlanda è passata dall'essere uno degli Stati più poveri d'Europa ad essere (almeno per un certo periodo) uno degli stati più ricchi, guadagnandosi nel periodo di boom economico il soprannome di Celtic Tiger!
Quello che ci ha lasciato Antonio Simon Mossa è qualcosa di incredibilmente prezioso. Ci ha lasciato l'idea, la visione di un futuro che può essere migliore. Vale la pena conservare il ricordo di quest'uomo? Credo proprio di si. Serve a qualcosa sperare che qualcosa cambi nella direzione auspicata da Simon Mossa con l'attuale classe dirigente sarda? Francamente credo di no. Chi prende le decisioni oggi ha semmai interesse a far dimenticare personaggi come Simon Mossa. Dunque oggi facciamolo come gesto di ribellione, ricordiamo quest'uomo.