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Cuba, Cayo Largo

Cayo Largo, Cuba | Foto Paula Rizzi (© BY-NC-ND 3.0 IT)

L'isola delle meraviglie.

Playa Paraiso e Playa Sirena disegnano un’insenatura appena accennata, percorribile anche a piedi, quando Poseidone saluta l’alba di buon umore e lambisce le caviglie con la bassa marea. Quel tratto di costa è difeso da un intrico smeraldino di fiori e foglie che hanno smarrito l’origine dei rami, per celare alla vista il segreto degli approdi.

Playa Paraiso, Cuba

Meta perfetta di incursioni e scorribande, è punteggiato da una miriade di nascondigli, anfratti e angoli di verde sfumati apposta per custodire i tesori dei forzieri. Canali di mangrovie spingono le imbarcazioni nel tessuto a maglie strette della vegetazione marina. Più a nord di Playa Paraiso, dove i galeoni ormeggiano su acque distese e i bucanieri festeggiano a riva, lo scenario s’ingentilisce, la natura si veste d’eleganza e la sabbia bianca scintilla come neve al sole. E’ qui che il verso delle cocorite si confonde con il canto suadente di creature favolose, metà donna e metà pesce, al cui richiamo è impossibile resistere.

Playa Sirena, Cuba

Sarà per questo che i corsari sbirciano la laguna di Playa Sirena da lontano, nascosti fra le dune, spiando le meravigliose apparizioni a distanza tale da impedire alle loro note di stregarli. Per raggiungerla, non è necessario seguire Peter Pan in direzione della seconda stella destra, dritto fino al mattino. Basta prendere un comodo volo aereo e planare su quest’isola straordinaria dove i pirati sono un’eco del passato, e le sirene hanno sapore di leggenda.

A dirla tutta, non v’è traccia nemmeno di accampamenti indiani, i bimbi sperduti non sono mai stati avvistati e le uniche fatine alate in cui ci si possa imbattere sono vanitose farfalle. Ma al di là di questo, Cayo Largo è un’arena di fiaba. Un’Isola Che Non C’è, anche a giudicare dalle dimensioni di questa crepa calcarea sullo specchio del mar dei Caraibi, ‘lunga’ venticinque km e ‘larga’ tre. Dove tutto è minuto, le simmetrie sono divine e i dettagli hanno vita propria, indipendente dagli esseri cui appartengono. Così l’arancione zebrato dei pesci pagliaccio infiamma proiezioni a stampa collettiva sul branco senza curarsi delle singole squame.

Misure surreali di terra e di mare ne fanno il luogo adatto a dimenticarsi completamente del mondo, oltre che di se stessi. Perché l’universo concreto del Cayo, quello sabbioso, impastato di sedimenti minerali e resti perliferi di gusci e conchiglie, sconfina per erosione nella dimora fluida dei coralli e perde identità. Ci si sospende nella danza fluttuante dei cavallucci e nel serpeggiare pigro delle murene. Nulla è definito, la fretta non esiste. Il tempo goccia liquido, si dilata, s’arresta. Ed è proprio qui, nell’arcipelago delle Grandi Antille, che per miracolo si torna bambini.


LA ISLA DE LAS TORTUGAS
Ogni anno – da maggio a settembre – colonie di Embricata, Verde e Caretta Caretta benedicono Cayo Largo con la magica posa delle uova. Un atto di fiducia, un rito millenario, che ha consacrato l’isolotto a santuario caraibico delle tartarughe. In un angolo di mondo in cui la solennità lascia spazio alla leggerezza, la nascita dei piccoli di testuggine è uno dei rari eventi che ancora generano commozione. Ogni esemplare depone circa 100 uova per volta. Nel farlo, piange lacrime vere. Lacrime di mera autodifesa fisiologica dalla sabbia molesta, è vero. Ma l’impatto visivo resta quello di uno spasmo sofferto, un sacrifcio eterno pari solo a quello compiuto dalle ostriche, che generano le perle dal dolore.

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