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Estate archeologica a Siligo: si scava a Mesumundu

  • Scritto da Effe_Pi

In corso nel centro del sassarese gli scavi della storica area archeologica, che coinvolgono circa 30 esperti di università italiane ed estere, e sono visitabili da cittadini e turisti tutte le mattine.

Un’estate all’insegna dell’archeologia, a scavare per riportare alla luce preziosi reperti dell’antichità sarda, è quella che è iniziata da pochi giorni nel sito di Mesumundu, in territorio di Siligo. È qui, infatti, che si stanno tenendo da qualche giorno (e andranno avanti fino a fine luglio) i lavori della VI edizione della Scuola Estiva di Archeologia Medievale, che raduna nel centro della provincia di Sassari circa 30 tra studenti, laureati, dottorandi e dottori di ricerca in archeologia di 7 Università italiane e straniere (Sassari, Parigi Sorbona, Lione, Autonoma de Barcellona, Murcia, Napoli L’Orientale, Cagliari), sotto la direzione del Prof. Marco Milanese, Direttore del Dipartimento organizzatore  e Ordinario di Archeologia Medievale presso l’Università di Sassari. Mesumundu, identificabile per la piccola chiesetta in laterizi di epoca bizantina, è un sito oggetto di scavi archeologici dall’Ottocento. Si conoscono almeno sei interventi di scavo, oltre ad un numero imprecisato di scavi clandestini o comunque non autorizzati.

Nonostante i precedenti interventi, il sito è paradossalmente poco conosciuto, e si trova ai piedi del Monte Sant’Antonio (Monte Pelao), non distante da Monte Santo, che spicca nel paesaggio del Meilogu e rappresenta l’elemento paesaggistico più riconoscibile del paese di Gavino Ledda. Mesumundu è un sito strategico, un central place  per la storia del Meilogu, ma è anche un luogo in cui leggere modi e tempi del passaggio dal mondo romano a quello medievale e costruire un caso di studio che possa essere utilizzato per capire questa transizione in Sardegna e nel bacino del Mediterraneo. L’area, ubicata sul vecchio tracciato della SS131 in direzione di Ardara, è ben identificabile anche per la presenza di una striscione della Scuola. Lo scavo è visitabile al pubblico tutte le mattine, dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 13. Si tratta di una zona vulcanica, ricca di acque termali, che vennero sfruttate dall’impianto di un complesso termale in epoca imperiale romana (II secolo d.C). Le vicinissime sorgenti di S’Abba Uddi (l’acqua bollente) furono captate con un piccolo acquedotto e sfruttate per le terme; ad esse doveva essere associato un tempio delle sorgenti termali, la cui ubicazione è ancora da identificare.

Oltre al progetto didattico, la Scuola Estiva lavora anche su un intenso progetto di ricerca archeologica. Le piccole terme di Mesumundu erano inserite – in età imperiale romana-  non tanto in un vero e proprio abitato, ma in un luogo di sosta attrezzato lungo la strada romana, che possiamo immaginare non molto diverso dai moderni “motel” dove i viaggiatori potevano sostare, riposarsi e – nel caso di Mesumundu- concedersi un momento di relax nelle terme. Lo stabilimento termale fu restaurato probabilmente dopo 150 anni circa dalla sua realizzazione (fine del III-inizi IV secolo d.C.), fino al suo abbandono presumibilmente nel V secolo d.C. In età bizantina, alla fine del VI secolo d. C., le terme furono rase al suolo e i materiali da costruzione vennero riutilizzati per la costruzione di una piccola chiesa, voluta da un gruppo aristocratico bizantino insediato in questo territorio. Le sepolture di questi aristocratici, scavate attorno alla chiesa bizantina negli anni Trenta e negli anni Sessanta del Novecento, restituirono gioielli in oro, attualmente conservati al Museo Sanna.
Gli obiettivi della campagna di scavo 2016 riguardano una migliore messa a fuoco cronologica, funzionale e spaziale delle fasi monumentali di Mesumundu, note almeno dal tempo del canonico Giovanni Spano (1857) e di quelle fasi leggibili solo nelle pieghe del terreno.    

Foto | Università di Sassari