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Da Palmas Arborea storia del sessismo in immagini

Festival Arte al cuboA Palmas Arborea, violenza e discriminazione di genere come filo conduttore del festival itinerante multi - artistico Arte al cubo.

Entrato nel vivo durante questo fine settimana e che oggi si conclude, nel paese dell'oristanese, con un aperitivo a base di prodotti tipici locali e una "conversazione" con protagonisti Giampiero Poddie e Michela Murgia, dal titolo "Marinai di foresta - acqua e legno".

La kermesse si chiama "ARTE³" (Arte al cubo) ed è organizzato dalla Consulta giovani di Palmas Arborea insieme al suo equivalente di Riola Sardo, paese che lo scorso weeekend ha ospitato la prima serie di eventi, con protagonista la giornalista e conduttrice (ora anche candidata alle elezioni) Loredana Lipperini, che ha proposto una lettura - incontro per bambini dal titolo "Pupa" (in dialogo con Andrea Pau) e l'altra da "Morti di fama", tratta dal suo libro omonimo che parla della smania di protagonismo sui social network e mette in guardia da "rischi e fregature della febbre da micronotorietà. Con una ricetta per guarire".

Ieri però la grande protagonista, a Palmas Arborea, è stata la violenza di genere, con il fotografo cagliaritano Alessandro Cani e il linguista e il critico letterario Massimo Arcangeli, che attraverso la proiezione di una serie di immagini hanno creato un interessante percorso di ri-lettura delle stesse, spiegando come le rappresentazioni sessiste siano state veicolate dai media a partire dagli anni cinquanta in poi.

Attraverso le fotografie mostrate è stato descritto un fenomeno diffuso in tutto il mondo, partendo dallo stereotipo rappresentato dalle donne degli anni cinquanta, che erano casalinghe impeccabili e mogli perfette dai sorrisi raggianti, per arrivare a spot in cui, già negli anni ottanta, modelle senza testa sono completamente spersonalizzate e la donna diventa solo un corpo, un mezzo per reclamizzare un prodotto.

La pubblicità ormai è troppo spesso una sequenza di corpi nudi che si avvicinano più alla pornografia che al nudo d’autore o nudo artistico, come qualcuno vorrebbe invece far intendere. Il nudo femminile fa parte della storia dell’arte e anche una fotografia può entrare a pieno titolo in questa tradizione, ma la nudità pensata per una pubblicità può essere arte? No, se l'obiettivo è quello di vendere, sembrano concludere Cani e Arcangeli.

Particolare enfasi è stata infatti data alla comunicazione commerciale e a come il sessismo si sia mantenuto e diffuso attraverso gli spot pubblicitari: un excursus lungo settant’anni ha mostrato appieno il cambiamento di costume, con la televisione che ha cambiato volti e padroni.

Le rassicuranti “signorine buonasera” sono state sostituite da “veline” senza veli e provocanti “meteorine”, la Tv commerciale ha portato nelle case di tutti gli italiani le ragazze di Drive In e quelle di Non è la Rai. Un fenomeno ormai noto e studiato da sociologi e antropologi, che comunque lascia un po' sgomenti, se si pensa a come a tutti sia sembrata “normale” l'esibizione spudorata del corpo femminile, o “normale” che Ambra Angiolini agisse esclusivamente su suggerimento della voce imperante di Boncompagni.

È sconcertante, ancora, secondo i protagonisti dell'evento di Palmas Arborea, come agli occhi di un osservatore distratto i manifesti pubblicitari, che spesso lanciano messaggi sessisti e istigano alla violenza di genere, non suscitino reazioni di avversione, ma semplice indifferenza.

Sono tanti gli spunti che la serata a Palmas Arborea ha proposto, e per questo pubblichiamo nella galleria fotografica sotto alcune delle più significative fotografie viste ieri. Se le immagini circolano creando modelli, vorremmo che anche queste circolassero, per una volta magari, per creare o risvegliare una coscienza di quello che davvero rappresentano.