IN Breve

Anguille a rischio estinzione rilasciate nella foce del Rio Pramaera

  • Scritto da Anna Maria Cantarella

Gli esemplari saranno monitorati per studiarne la crescita e le migrazioni.

Quattromila “ceche” – è questo il nome delle anguille nella loro prima forma giovanile – sono state rilasciate nella foce del Rio Pramaera e nel tratto montano del Rio Ulassai, nell’ambito del piano regionale di gestione. Lo scopo è monitorare la crescita di questi animali e seguirne gli spostamenti lungo i fiumi che percorrono la zona dell’Ogliastra. Le anguille ceche, specie inserita nell’elenco di quelle in via di estinzione, sono state pescate a marzo nella foce del Pramaera e poi trasferite in un impianto di anguillocoltura a San Nicolò di Arcidiano dove dalla grandezza iniziale di 6 cm sono cresciute fino a raggiungere, in otto mesi, circa 30 cm. Prima di essere rilasciate in acqua gli animali sono stati dotati di un microchip che consentirà ai ricercatori coinvolti nel Piano Regionale di seguire e monitorare la crescita di questi esemplari, le loro migrazioni nei corsi d’acqua e le cause di mortalità.

Le operazioni sono state condotte dagli studiosi del Dipartimento di Scienze della Vira e dell’Ambiente dell’Università di Cagliari e dall’agenzia regionale Agris, che hanno scelto due siti differenti per effettuare questo esperimento: il primo è il fiume Pramaera dove già vivono altri esemplari di anguille selvatiche, l’altro è invece il Rio Ulassai, un fiume che scorre su un tratto montano dove non esistono altri esemplari di anguille in quanto la presenza della vicina diga del Flumineddu ne impedisce l’arrivo.

Leggi anche| Erosione delle spiagge: l'aumento di CO2 acidifica il mare

Come spiega Andra Sabatini, ricercatore del Dipartimento di Scienze della Vita, aver rilasciato anguille in un tratto dove non ci sono altri animali di questo tipo facilita il lavoro dei ricercatori che in questo modo potranno effettuare i controlli in modo rapido, seguendole senza che si confondano con altri esemplari.

 "L'obiettivo che abbiamo raggiunto finora – ha spiegato Sabatini - è stato valutare l'accrescimento di animali selvatici al termine di un periodo trascorso in un impianto di anguillicoltura e il loro tasso di mortalità una volta stabulati: ora vogliamo valutare le conseguenze del riadattamento degli animali una volta trasferiti dall'allevamento alla natura. Inoltre, attraverso la marcatura che abbiamo posizionato, siamo in grado di seguire sia il loro accrescimento in natura sia le migrazioni e i tassi di mortalità".

Foto| Pixabay