IN Breve

Menhir e tombe: era la luna a ispirare le costruzioni degli antichi

  • Scritto da Effe_Pi

La scoperta, che se venisse confermata sarebbe straordinaria, è stata annunciata a Sassari durante il VI Convegno di Archeoastronomia in Sardegna, e riguarda gli studi sul sito di Pranu Mutteddu a Goni.

Gli antichi sardi costruivano i complessi monumentali non solo in funzione degli allineamenti solari, ma anche in riferimento al moto della luna, molto più complesso e articolato. A rivelarlo è stato Michele Forteleoni della Sat durante il VI Convegno internazionale di archeo-astronomia in Sardegna, “La Misura del Tempo”. Assieme alla studiosa Simonetta Castia, di Aristeo, Forteleoni ha esposto un’accurata relazione sulle ultime ricerche inerenti il complesso archeologico, cultuale-funerario, di Pranu Mutteddu di Goni da un punto di vista archeo-astronomico. Le misurazioni sono state eseguite con planimetria Cad, di precisione assoluta, sull’area archeologica che ingloba circa sessanta menhir e sei tombe a tumulo. Il risultato è frutto di un grande lavoro sinergico tra il Circolo culturale Aristeo e la Società Astronomica Turritana, realizzato in collaborazione con altre importanti realtà accademiche.

LEGGI ANCHE | Goni, Menhir e sepolture megalitiche di Pranu Mutteddu

“Abbiamo scoperto numerosi allineamenti solstiziali – ha spiegato Forteleoni – le tombe assumono il ruolo di marcatori astronomici, marcando la levata e il tramonto del sole, fungendo da evidenziatori del tempo e delle stagioni”. Di grande rilievo appare l’allineamento principale di 18 menhir posto a Nord della tomba del Capo, sulla direttrice equinoziale Est-Ovest: “Partendo da questo monumento abbiamo tracciato due linee di congiunzione sul primo e sull’ultimo menhir, identificando con ottima precisione le due stazioni lunari nord. Cosa che, se venisse confermata, sarebbe straordinaria e assegnerebbe una funzione non solo sacra, bensì anche calendariale, ai menhir”.
Tutto il sito sembra rispondere a una logica. Secondo Simonetta Castia, che ha posto l’accento sul fatto che lo studio è stato parzialmente limitato dalla mancata edizione integrale degli scavi e dalla consapevolezza che in antico l’area doveva essere più ricca e articolata: “L’approfondimento delle indagini ha permesso di confermare la presenza di un sistema di reciprocità segnica e simbolica, nonché di importanti relazioni spaziali, tra gli allineamenti, i gruppi di menhir, le tombe a circolo e le strutture di carattere cultuale insistenti nel complesso, lungo un percorso di graduale sviluppo diacronico, entro l’intero arco del Neolitico recente”.

Uno studio sulle unità di misura, nato dalla collaborazione di Aristeo e SAT con La Sapienza, è stato condotto sulle tecniche costruttive del villaggio di S’Arcu ‘e is Forros di Villagrande Strisaili, a cura di Flavio Carnevale. Il ricercatore ha rilevato l’utilizzo di differenti unità di misura sulle varie costruzioni: per le capanne il riferimento è 0,331 metri, mentre per la zona megaron 0,333, analogo al piede di Egina o di Pergamo. La capanna adiacente ai forni presenta l’utilizzo del piede attico: 0,305. Per questo insediamento, che ha restituito quasi cinquecento chili di metalli, Lorenzo Mocci e Gianfranco Ledda hanno argomentato l’ipotesi di utilizzo dei forni di fusione. Lavinia Foddai ha introdotto uno studio sul complesso di Paule S’Ittiri, inserito nella zona sud-est della Valle dei Nuraghi. Il sito è ancora poco indagato, presenta un recinto (temenos) che ingloba quattro strutture apparentemente cultuali, di uguale schema planimetrico e medesimo orientamento: un futuro caso-studio nell’ambito delle prossime ricerche della studiosa Lavinia Foddai, insieme ad Aristeo e alla SAT.