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Buio in sala: un libro racconta i cinema di Roma

  • Scritto da Effe_Pi

L'autore è Stefano Scanu, di origini sarde, che ha compiuto una panoramica tra i cinema più affascinanti della capitale: IteNovas lo ha intervistato. 

C’è un libro che racconta le sale cinematografiche di Roma, uscito da poco: si intitola "Buio in Sala" e lo ha scritto Stefano Scanu, autore di chiare origini sarde, che ripropone la visione della capitale d’Italia come città del cinema, sottolineando al tempo stesso il fascino della sala cinematografica come luogo e modalità di fruizione del film, un aspetto non certo scontato in tempi di maxischermi casalinghi e streaming imperante. Il libro è uscito per Giulio Perrone Editore, e IteNovas ha intervistato l’autore.

Stefano Scanu, giustamente nel libro Roma viene definita “città cinematografica”, ma sempre più sale chiudono: come fare per invertire questa tendenza?

Non credo di avere la ricetta del successo né penso ne esista una uguale per tutti. Quello che posso dire è che girando e conoscendo le dinamiche delle sale romane ho capito che l'unicità dell'offerta deve essere una caratteristica imprescindibile. Bisogna differenziarsi, offrire quello che gli spettatori non sanno neanche di volere e nessuno ancora ha intercettato ma soprattutto sganciarsi dalla vecchia idea di cinema come luogo in cui si entra solo per vedere un film per poi uscire portando via con sé tutte le suggestioni e l'emozioni che lo spettacolo ha prodotto. Il cinema deve diventare un luogo d'incontro nuovo, partecipato, ubiquo e imprevedibile.

Se dovessi consigliare una sala da visitare per un viaggiatore di passaggio a Roma, quale sarebbe il tuo suggerimento?

Francamente faccio fatica a sceglierne una sola ma forse il cinema Dei Piccoli è quello più curioso sia nell'aspetto che nella sostanza. Fa un certo effetto questa casetta di legno quasi centenaria nel bel mezzo del parco più celebre di Roma; ricorda i teatrini del vaudeville o delle fiere di campagna. Al viaggiatore consiglierei di mettersi fuori e osservare come i bambini che escono dall'ultimo spettacolo pomeridiano si mischiano con gli adulti che fanno la fila per la prima proiezione della sera. I cartoni animati lasciano il posto ai film d'autore ed è come se lo spettatore crescesse con il film.

Negli ultimi anni segnali di vivacità, anche per i cinema, sono venuti dal mondo degli spazi occupati, potrebbe essere una strada per rilanciare la visione in sala?

Probabilmente un cinema che rinasce come spazio occupato ha tra le sue vocazioni quella di una certa autonomia dalle leggi del mercato. Così facendo traccia una strada verso l'originalità e quindi verso un modo diverso di fare cultura rispetto a quello delle sale tradizionali. Inoltre l'occupazione nasce dalla condivisione di un ideale da parte di un gruppo di persone e ciò non può che far bene a un luogo come il cinema, basato fondamentalmente sulla partecipazione. Tutto questo però non esclude che ci possano essere delle realtà altrettanto vivaci che con l'occupazione non hanno avuto nulla a che fare; penso al cine-bistrot Kino fondato da una cinquantina di giovani soci che in quello spazio fanno convivere film, cucina, cabaret e corsi creativi. Più che un luogo fisico si tratta di un'idea, un'idea che funziona bene al punto da essere già stata esportata prima a Berlino e poi a Parigi.