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Il quinto passo è l'addio di Sergio Atzeni

  • Scritto da Effe_E

Il quinto passo è l'addio di Sergio Atzeni

Il capolavoro di Atzeni racconta un viaggio simbolico di sola andata dalla Sardegna al continente.

Incipit

Bocca aperta alle mosche, Ruggero Gunale guarda con occhi umidi e impietriti la città che si allontana: la croce d’oro sulla cupola della cattedrale e attorno a corona digradando i palazzi color catarro dei nobili ispanici decaduti, circondati da bastioni pietrosi invalicabili a piede d’uomo, dove pendono chiome di capperi al vento, di un verde che ride.
Guarda i quartieri moderni fuori le mura scendere dai colli al mare oleoso e verde cupo, i bei palazzi e portici dei tempi di Baccaredda (scrittore e sindaco, amato e carogna) e il lascito architettonico di quest’epoca ai futuri: il cubo luttuoso e vitreo che nasconde i vicoli del porto e offende il municipio bianco e danzante cui si è affiancato con protervia da funzionario viceregio d’altri tempi (non è escluso che i futuri decidano di amarlo e cantarlo... o lo smonteranno vetrata per vetrata e lo sposteranno in campagna oltre Paulli e invece delle nere geometrie che spengono la luce e l’allegria vedranno panchine, fontane, palme e jacarandas?).
Ruggero Gunale guarda la città che si allontana. Saluta torri pisane e campanili. Sillaba a se stesso: “La mitezza non incute rispetto né suscita vero compatimento. Anzi: godono a schiacciarti”.
Con gli occhi della memoria vola per i vicoli del paese dove ha vissuto gli ultimi tre anni, gli pare di udire il ronzio di un calabrone in un pomeriggio silenzioso e di vedere i muri bianchi di calce ogni tanto incavati in portali neri o marroni, muri senza finestre, per proteggere gli abitanti 29 dall’occhio sbavante dell’invidioso e da quello maligno della strega che passano per strada.


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Il quinto passo è l'addio, uscito presso Mondadori nel 1995, è il terzo romanzo di Sergio Atzeni, e segna - dopo Apologo del giudice bandito (1986) e Il figlio di Bakunìn (1991), editi entrambi da Sellerio - l'ingresso del giovane autore nella grande editoria. L'accoglienza da parte della critica fu buona, ma nel complesso piuttosto distratta, come capita spesso ad autori del tutto estranei all'ambiente letterario e ai suoi riti.

Il presente [...] dell'intero romanzo è costituito da un viaggio in nave dalla Sardegna al continente: viaggio di sola andata, che sancisce l'abbandonoda parte del protagonista della sua isola e del suo mondo, e che non ha alcuna meta precisa. Una fuga, più che altro, che lascia però intravedere già in sé un singolare risvolto etnico: "Ruggero parla a se stesso: "Fuggi. Dopo trentaquattro anni ti strappi alla terra dove hai amato, sofferto e fatto il buffone. Ogni angolo di strada testimonia una tua gioia, un dolore, una paura. In cambio sarò libero. La maschera che mi cuciranno addosso, lo straniero, l'isolano, il mendicante, mi nasconderà, occulterà il nome, sarò uomo fra uomini…". (dalla prefazione di Stefano Giovanardi).

Sergio Atzeni nasce a Capoterra nel 1952 e muore a Carloforte nel 1995. «A Cagliari ha seguito gli studi liceali e universitari e ha rivelato presto interessi letterari e una vocazione sicura di narratore, intendendo la scrittura come strumento di conoscenza e di testimonianza. Ha collaborato assiduamente a quotidiani e riviste pubblicando poesie, racconti, prose varie di grande interesse. Nella sua prima giovinezza si è dedicato alla politica, ma la sua attività più costante è stata quella letteraria».(dalle note biografiche).

Fra le sue opere più famose “Passavamo sulla terra leggeri” (1996) e “Il figlio di Bakunìn” (1991).

La sua è una scrittura virile, cruda ed elegante allo stesso tempo, con una sensibilità di fondo che scorre leggera fra le righe della memoria e che intreccia con il plot narrativo un fitto e multiforme tessuto, non privo di un uso originale dell'aggettivazione e dei dialoghi, quest'ultimo molto vicino ad un flusso di coscienza rigoroso e tagliente.