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L'Ignaro - racconto di Ernesto Pusceddu

  • Scritto da Effe_Pi

In collaborazione con la community Emergenza Scrittura, un racconto del giovane autore sardo Ernesto Pusceddu, ambientato nella provincia dell'Ogliastra.

In collaborazione con Emergenza Scrittura

La provincia dell’Ogliastra è stata fino agli anni ottanta dell’ Ottocento priva di strade e reti ferroviarie, restando quindi in uno stato di forte isolamento rispetto ai grandi centri dell’isola. La zona, tristemente nota per il fenomeno del banditismo, può comunque vantare una tradizione culinaria e vinicola millenaria; i primi documenti noti sul Cannonau di Jerzu risalgono, infatti, al XII secolo.

***

Luigi osservava i suoi vigneti discendere le colline con una parabola regolare per poi perdersi verso lo strapiombo che conduceva alla valle e al piccolo paese, Jerzu, in Sardegna. Dietro di lui si ergeva una piccola casa in mattoni di fango, dipinta di bianco, ma ormai sporcata dal tempo. Affianco alla casa, sulla destra, c’era una piccola costruzione, il bagno. Il terreno arido intorno alla casa, si estendeva per almeno un chilometro da ambo i lati, e in gran parte di esso veniva coltivato un orto che, a causa dell’incuria, sembrava aver assunto il colore del terreno.
Luigi non poteva pensare più di tanto all’orto; durante tutta la stagione aveva infatti dedicato il suo tempo interamente alle vigne, con la prospettiva di poter diventare così un grosso produttore, uno di quelli a cui sarebbero venuti a chiedere il vino dal “continente”. Aveva affondato le mani ogni giorno in quel terreno, riducendole ormai a un mero e grezzo strumento di lavoro, scheggiato e ruvido. La schiena lo tormentava con dolori atroci nonostante i suoi soli quarantatré anni, ma non per questo smise un solo giorno di inchinarsi a curare le sue piante, a medicarle, a cercare, nel suo piccolo, di trovare una combinazione migliore, un nuovo metodo per coltivarle.
Le sue due figlie lo aiutavano quanto potevano e lui in cuor suo desiderava avere dei figli maschi che potessero aiutarlo. D’altronde a sua moglie stava bene avere le figlie costantemente con lei, matriarca della famiglia e anche l’unica ad avere un minimo di spina dorsale.
Luigi infatti, nonostante la grande forza di volontà, era incapace di prendere decisioni certe e aveva una visione poco pratica della vita.
«Pensa di poter fare i soldi con quel vino», diceva Grazia alle donne del paese.
Luigi, dal canto suo, non dava alla donna un quarto dell’amore che dedicava alle sue piante.
Il loro era un matrimonio come tanti, una convenienza, un affare.

Non fu quell’anno e nemmeno quello dopo, ma il successo per Luigi arrivò davvero; riuscì infatti a trovare una combinazione migliore per la coltura delle sue vigne e a ricavarne così il vino migliore di tutta la provincia. Dal continente, cominciarono infatti ad affacciarsi grossi nomi della distribuzione e della ristorazione che iniziarono a comprare il suo vino.
Luigi incassava e riponeva i soldi sotto i quattro materassi, poi la sera, toglieva fuori tutto e ricontava, molto lentamente. Ogni giorno era sempre più felice e nel contempo cercava di far pesare su sua moglie ogni singola lira guadagnata. Dopo qualche tempo prese l’abitudine di scendere al paese, offrire qualcosa da bere alle persone, lodare gli anni Sessanta e comprare qualcosa per sua moglie, in modo che si sentisse ancora più in colpa. Rideva, rideva, senza più sentire dolore, senza accorgersi di star vendendo il vino a un prezzo troppo basso rispetto al suo valore, troppo ignorante rispetto ai continentali per non accontentarsi di quelle poche lire che, nel suo contesto, lo rendevano più ricco di un re.
Nei due anni che seguirono, Luigi assunse degli operai e continuò a mantenere il suo primato. Lavorava meno, aveva la moglie più ben vestita del paese e si sentiva anche più intelligente dei suoi concittadini. Solo la parlata tradiva il suo aspetto affossandolo nelle radici della sua cultura e mostrandolo per ciò che era realmente, un contadino ignaro del resto del mondo, ignaro del resto dell’Italia, di se stesso e della sua famiglia, ignaro di esserlo.

Il cambiamento arrivò quando una grossa azienda di vini del sud-Italia lo contattò per chiedergli di trasferirsi per qualche tempo da loro, in modo da poter indirizzare la loro attività con le sue conoscenze del settore. La lettera, letta a fatica, diceva pressappoco così.
Grazia non ne fu affatto contenta. Non aveva certo paura di affrontare sei mesi sola con le sue figlie, aveva, però, paura che lui trovasse un’altra e che, passati i sei mesi, non avrebbe visto nessuno risalire la collina e non avrebbe saputo più cosa fare. Lei sapeva solo filare, lì dove tutte sapevano solo filare.
Luigi accettò la proposta senza pensarci e quando fu il giorno si vestì di tutto punto e si preparò per andare verso il traghetto, non prima di aver fatto un giro per il paese a salutare i suoi vecchi amici.
Quando arrivò al porto Luigi venne fermato da un ragazzo che lavorava sulla nave che gli diede una lettera proveniente dall’azienda vinicola. Luigi se la fece leggere da lui. Diceva che a causa dei costi non avrebbero potuto sostenere il suo stipendio e che, quindi, il suo servizio non sarebbe più servito; avevano intenzione di cambiare la qualità del vino tramite altre combinazioni. Luigi non si allarmò più di tanto, l’idea non lo aveva conquistato fin dall’inizio, e in fondo, lui aveva i suoi soldi e le sue vigne, chi stava meglio di lui?
Così si girò e cercò subito un altro mezzo per tornare a casa, ignaro che un suo operaio aveva imparato le sue tecniche e le aveva vendute all’azienda per un prezzo migliore.

Giunto alla base dell’altopiano su cui stavano la collina e la sua casa, senza essere passato dal paese, Luigi cominciò a sentire un odore di terra bruciata mista a del fumo dolciastro. Cominciò a guardare in alto e a correre verso la collina; in lontananza vide i suoi vigneti avvolti dalle fiamme.

Lanciò un urlo e cominciò a correre all’impazzata verso casa con le pulsazioni al limite; subito la testa cominciò a girargli e si rese conto di essere alla base dei vigneti avvolto da quel fumo dolciastro che gli impediva di aprire gli occhi. Superò una cortina e riuscì a intravedere che anche la sua casa andava a fuoco, così accelerò senza pensarci due volte e riuscì velocemente a risalire i campi e arrivarvi di fronte.
La porta era aperta, il fumo invadeva la casa. Senza avere il tempo di capire vide le sue figlie a terra in lacrime e quasi svestite, sua moglie veniva tenuta per i capelli da uno dei banditi mentre gli altri due mettevano i soldi dentro una grossa sacca. Luigi prese il fucile accanto alla porta e prima che lo vedessero sparò mancando però il bersaglio. I due con la sacca si fiondarono attraverso il muro in fiamme, mentre il terzo sparò un colpo verso Luigi colpendolo alla spalla; mentre cadde, sentì un altro colpo e pensò di essere morto. Quando alzò la testa vide sua moglie accasciata a terra accanto alle sue figlie che avevano smesso di piangere ormai da un po’.
Luigi si trascinò fuori e si accasciò. La casa crollò affianco a lui cuocendo la sua pelle già arsa dal sole. Fissava il cielo dolorante, ma cosciente di essere la causa di tutto il suo male. Cosciente, di non avere più niente, nemmeno i suoi soldi.

Ernesto Pusceddu