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STRUMENTI MUSICALI: S'ORGANU

  • Scritto da Effe_Gi

Organo | Galtellì, Parrocchiale SS Crocifisso | Fotografia: Pietro Paolo Pinna, Nuoro (Archivio Ilisso)A partire dal XVI secolo diverse fonti documentarie attestano l’uso dell’organo in ambito urbano, mentre nel secolo successivo compaiono notizie sulla sua presenza nei centri rurali. Appare pertanto pienamente giustificato il suo inserimento nel catalogo degli strumenti popolari sardi.

Anche questa settimana pubblichiamo una scheda estratta dal volume "SONOS - Strumenti della musica popolare sarda" pubblicato dalla ILISSO Edizioni di Nuoro, che ci ha gentilmente concesso la possibilità di diffondere e valorizzare un'altro aspetto della ricchezza culturale della nostra Isola: la musica e l'originalità del patrimonio organografico Sardo.

Uno degli obiettivi della nostra iniziativa editoriale è la valorizzazione e diffusione delle eccellenze sarde, siano esse culturali, tecnologiche, economiche e imprenditoriali, e la ILISSO Edizioni rientra certamente in una di queste categorie.


Organo | Galtellì, Parrocchiale SS Crocifisso | Fotografia: Pietro Paolo Pinna, Nuoro (Archivio Ilisso)Órganu
Órganos

Dati generali
Strumento in uso
Carattere melodico/armonico
Non costruito da chi lo suona
Occasione indeterminata

Area di attestazione
Tutta la Sardegna

A partire dal XVI secolo diverse fonti documentarie attestano l’uso dell’organo in ambito urbano. Nel secolo successivo, sempre con maggior frequenza compaiono notizie sulla sua presenza nei centri rurali dove viene impiegato per accompagnare il ricco patrimonio di canti devozionali liturgici e paraliturgici: gosos e pregadorias, antifone, sequenze, interi brani dell’ordinarium missae tramandati oralmente. Appare pertanto pienamente giustificato il suo inserimento nel catalogo degli strumenti popolari sardi.

Tra le varie tipologie, quella più antica e diffusa è rappresentata dall’organo positivo di scuola napoletana “ad armadio”, in cui canne, mantici, meccanica e tastiera sono contenuti in una cassa di legno alta e stretta, chiusa sul davanti da due grandi ante. Aprendo questi sportelli appaiono le canne di mostra disposte a una o tre campate cuspidate, una piccola tastiera incassata sotto le canne e i pomelli dei registri alla sua destra. Nei modelli più antichi la tastiera dispone di 45 tasti (do1-do5) con l’ottava corta o “a scavezza”, priva cioè dei semitoni cromatici nell’ottava più grave.

Dalla base dello strumento sporge inoltre una piccola pedaliera collegata direttamente alla prima ottava della tastiera. La trasmissione è meccanica, il somiere “a tiro” e i mantici del tipo “a cuneo”, anticamente azionati da una robusta leva di legno ma attualmente alimentati da una ventola elettrica.

Le canne frontali, o di mostra, sono di stagno o di lega, quelle interne di piombo e legno.

Lo strumento dispone solitamente dei registri di principale con i suoi armonici in quinta e ottava (ripieno), il flauto in quinta e la voce umana, ma si trovano anche curiosi effetti “speciali” come le uccelliere, il tamburo rullante, o una nota fissa di bordone azionabile con un pomello. Questo effetto, frequente negli organi napoletani, era certamente familiare ai sardi, abituati al persistente ronzio del tumbu delle launeddas, e veniva impiegato principalmente per eseguire sa pastorella, la pastorale natalizia.

C’è da ricordare, a questo proposito, che l’organo veniva suonato anche con le launeddas e oltre ai brani strettamente liturgici non era infrequente sentire in chiesa le note de su ballu.

Testo: Francesco Giannattasio | Fotografia: Pietro Paolo Pinna, Nuoro (Archivio Ilisso)

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