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Rinnovabili ma impattanti, pronti altri 60 progetti nell’isola

Le critiche alla politica energetica sulle Fer arrivano da Italia Nostra insieme a Cia, Cobas e Unione sindacale di base.

In arrivo 61 nuovi progetti di impianti per energie rinnovabili in Sardegna – tra solare ed eolico – ma ambientalisti, agricoltori e sindacati di base contestano, parlando di “assalto dell’isola”. In programma la realizzazione di 8 impianti eolici e 53 fotovoltaici, che occuperanno quasi 5mila ettari dei quali 3mila di suolo agricolo.

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La potenza totale sarebbe di 2mila 240 MW, superiore al totale finora installato in Sardegna, che oltre a impattare sul territorio secondo gli oppositori accrescerebbe un quadro energetico “già confuso”, visto che ci sarebbe già un eccesso di potenza installata - suddivisa quasi equamente tra fossile e rinnovabile - una rete elettrica obsoleta e un’insufficienza di impianti di accumulo. Per fare un esempio - la sola centrale Sarlux – un impianto alimentato dagli scarti di lavorazione del petrolio, il Tar, equiparato a fonte rinnovabile e grazie al quale usufruisce di sostanziosi incentivi, pari nel solo 2017 a quasi 363 milioni di euro - immette costantemente in rete a pieno regime, arrivando da sola a soddisfare oltre il 40% del fabbisogno elettrico, mentre le altre due centrali a carbone di Portovesme e Fiumesanto, oltre ad essere poco flessibili, svolgono il compito di sopperire alle inevitabili oscillazioni della domanda e della incostante produzione delle rinnovabili non programmabili.

Per questo Italia Nostra Sardegna, la Confederazione Italiana Agricoltori della Sardegna, i Cobas Cagliari e l’Unione Sindacale di Base della Sardegna ritengono che le vere priorità riguardano l’ammodernamento della rete, un’attenta programmazione dei consumi, la messa a disposizione di idonei sistemi di accumulo e il taglio drastico dei consumi e chiedono la sospensione “di tutti i progetti in corso per la realizzazione di grandi impianti di produzione da FER”, con l’annullamento immediato di tutti i progetti ricadenti in aree agricole comprese quelle che sulla carta risultano aree industriali, e l’avvio di un tavolo di concertazione in cui si mettano le basi per l’elaborazione di un piano strategico generale.

Foto | Damien McMahon su Flickr