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Gaza, ospedali fuori uso: 300 bimbi morti in 24 ore

La denuncia arriva dai medici sul campo dell’Unione Euro Mediterranea, chiesta l’apertura dei varchi per ragioni sanitarie.

Situazione sempre più drammatica nella Striscia di Gaza a seguito dei continui bombardamenti dell’esercito israeliano e della chiusura quasi totale dei varchi che possono portare nella zona cibo, farmaci, carburante e altri generi di prima necessità. Senza entrare nel merito della situazione politica, riportiamo questo appello che IteNovas ha ricevuto dal dottor Foad Aodi, presidente UMEM e AMSI, Membro commissione Salute Globale Fnomceo e Docente a contratto all'Università di Tor Vergata a Roma, il quale è in contatto continuo coi medici sul campo dell'Unione medica Euro Mediterranea (UMEM).

Buongiorno,
Solo nelle ultime 24 ore sono morte nella Striscia più di 700 persone di cui 300 bambini, dall’inizio degli attacchi ad ora sono decedute circa 6mila 055 persone e sono stati più di 15mila 200 i feriti. Il 40% dei morti sono bambini, come anche il 70% dei feriti sono bimbi e donne: al momento, si trovano fuori uso otto ospedali per mancanza di elettricità, mancano poi acqua pulita, cibo e tutto e quello che abbiamo sempre detto, dagli strumenti chirurgici a specialisti e infermieri, fino alle sacche di sangue. Purtroppo, come avevamo denunciato all’inizio dei bomardamenti, il rischio di un’epidemia e in generale di malattie infettive è concreto: infatti fino a ieri si sono riscontrati più di 3mila 150 casi tra i bambini di malattie infettive, con intossicazione alimentare, diarrea, gastroenteriti, malattie dermatologiche, scabbia e asma: tutto a causa dell’acqua e del cibo non puliti, i casi sono in aumento perché c’è una grande concentrazione di bambini e in generale di persone nei posti dove si distribuisce un po’ d’acqua.

Il contatto purtroppo aumenta la diffusione, per questo c’è un rischio di epidemia e di malattie infettive che si può estendere a tutta la Striscia di Gaza, anche a causa dei  frequenti spostamenti tra i vari centri abitati: i cadaveri sono ancora in gran parte sotto le macerie, aumenta quindi anche il rischio colera. Le patologie più frequenti ad ora sono di carattere ortopedico, neurochirurgico e addominali con perforazioni, purtroppo non si riesce a operare con l’anestesia, si continua quindi ad utilizzare l’aceto per disinfettare le ferite.

Come medici chiediamo, come abbiamo fatto sempre, un corridoio sanitario umanitario urgente: non è sufficiente aprire il varco di Rafah per poche ore, prima del conflitto entravano a Gaza più di 200 camion ogni giorno per fornitura e supporto, adesso entrano solo 20 camion, che non soddisfano nessuno degli ospedali del territorio. I farmaci vengono distribuiti in base alle esigenze delle strutture sanitarie. Gli ospedali – secondo gli ultimi aggiornamenti - sono diventati ormai solo luoghi per accogliere i feriti, non possono offrire nessun’altra attività e nessun servizio. I feriti sono più di 7mila, che aspettano cure come interventi chirurgici e rianimazione e molti dei feriti non curati si stanno infettando. In più ci sono 1300 persone malate croniche, a rischio per mancanza di dialisi e la possibilità di entrare in setticemia; abbiamo poi 200 parti prematuri con altri bambini a rischio, visto che per il parto prematuro è necessaria un’assistenza immediata al neonato. Se non entrano aiuti immediati nelle prossime 12 ore c’è rischio di un gran numero di morti naturali per mancanza di cure, per questo lanciamo ancora una volta l’appello a un’apertura immediata dei varchi per ragioni sanitarie.

Foto | Lcc