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Marrubiu, Praetorium di Muru de Bangiu

Marrubiu, Muru de Bangiu | Foto Associazione ICM

Si tratta di un importante complesso edilizio del II secolo a.C., ristrutturato nel III-IV secolo d.C. e abbandonato infine nel VI secolo d.C.

Come arrivare:
Marrubiu
è attraversato dalla linea della ferrovia che unisce Cagliari ad Oristano ed è vicinissimo alla SS 131.

Il contesto ambientale:
Il sito si trova lungo una diramazione stradale secondaria che doveva collegare Forum Traiani con la via "a Turre Karales".

Nel dettaglio:
Si tratta di un importante complesso edilizio del II secolo a.C., ristrutturato nel III-IV secolo d.C. e abbandonato infine nel VI secolo d.C.

Il corpo principale dell'edificio si presenta a pianta rettangolare, con orientamento N/O-S/E. Al centro era collocato un cortile porticato, con vasca, intorno a cui si disponevano sedici ambienti a pianta prevalentemente quadrangolare. Lungo il lato N/O si trovava un ambiente a pianta rettangolare a cui si accedeva attraverso una serie di gradini: è stato interpretato come sacello cultuale.

Gli ambienti di servizio e le strutture termali erano dislocate a S/O del corpo principale del "praetorium", collegate da uno stretto corridoio. Le terme presentavano l'articolazione negli spazi canonici: "apodyterium" (spogliatoio), "frigidarium" (sala dotata di vasca per il bagno freddo), "tepidarium" (sala riscaldata a temperatura media), "praefurnium" (vano e forno per il riscaldamento), "destrictarium" (spogliatoio in cui i frequentatori delle terme potevano dedicarsi alla pulizia dal sudore e dalla polvere per mezzo dello strigile), "calidarium" (sala riscaldata), "balnea" (bagni privati, non riscaldati).

Le tecniche murarie attestate in questo edificio sono l' "opus vittatum mixtum", impiegato per la realizzazione dell'"apodyterium" e del "frigidarium", e l'"opus testaceum", utilizzato per i restanti ambienti riscaldati.

Gli scavi del complesso edilizio hanno restituito un'importante iscrizione nella quale compare il termine "praetorium". L'interpretazione del valore semantico da attribuire a questo termine ha sollevato una serie di problemi. Infatti il termine "praetorium", un neologismo latino tratto dalla lingua greca, veniva impiegato nel mondo romano in tre diversi ambiti: militare, amministrativo, giudiziario. Nell'accezione militare il termine "praetor" ("prae-itor") designa il generale che comanda l'armata, mentre il termine "praetorium" designa il luogo del campo militare (la tenda) dove il "praetor" risiede. Per analogia, "praetorium" passò ad indicare anche il consiglio militare degli alti ufficiali, che di norma, si riunivano nella tende del "praetor". Lo stesso termine indicava anche la guardia militare personale del "praetor", la "cohors praetoria". L'uso del termine nell'accezione amministrativa risulta attestato a partire dal 27 a.C., quando, in Sicilia, il governo delle province viene affidato ad un "praetor", la cui residenza viene chiamata appunto "praetorium". Il termine "praetorium" veniva infine impiegato anche in ambito giudiziario: al governatore di province, al pretore o al pro-pretore veniva delegato il compito di amministrare la giustizia.

Nel caso di Muru de Bangiu la presenza nell'iscrizione del termine "praetorium" è stata interpretata come indizio del fatto che il complesso edilizio presso il quale l'iscrizione venne rinvenuta dovesse svolgere la funzione di sede temporanea di cui il governatore poteva usufruire nel corso dei suoi spostamenti da Karales, sua sede ordinaria, verso il nord Sardegna. Al contempo, dal momento che il termine "praetorium" venne impiegato in età imperiale anche per designare i centri amministrativi dei "saltus" imperiali, è possibile che il "praetorium" di Muru de Bangiu svolgesse la funzione di sede amministrativa dei latifondi imperiali presenti in questo territorio.

Storia degli scavi:
La prima menzione del sito di Muru de Bangiu si deve a Giovanni Antonio Carbonazzi e risale al 1842. Successivamente ne scrive Vittorio Angius
nel 1863. Abbiamo notizia di un primo intervento di scavo da una pubblicazione del canonico Giovanni Spano del 1863. Interventi più significativi e sistematici sono quelli condotti dalla Soprintendenza Archeologica per le Province di Cagliari e Oristano negli anni 1986-87 e 1989-91 (dal 1990 in collaborazione con la cattedra di Epigrafia romana della II Università di Roma).

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