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Cabras, Chiesa di San Giovanni di Sinis

Chiesa San Giovanni di Sinis, Cabras | Foto Gaspar Torriero (© BY-NC-ND 3.0 IT)

Il sito dove sorge la chiesa di San Giovanni di Sinis corrisponde a un settore della necropoli fenicio-punica dell'antica città di Tharros.

Come arrivare:
Si lascia la SS 131 all'altezza di Siamaggiore per prendere la SP 12 verso Zeddiani proseguendo per Riola Sardo sulla SP 66. Dopo pochi km si gira a s. sulla SP 62 e si imbocca la SP 7 in direzione di San Salvatore, dove si prende la SP 6 per l'ultimo tratto del percorso verso Tharros, fino al mare e alla chiesa di San Giovanni di Sinis, nel territorio del Comune di Cabras.

Il contesto ambientale:
Il sito dove sorge la chiesa di San Giovanni di Sinis corrisponde a un settore della necropoli fenicio-punica dell'antica città di Tharros. Il perdurare dell'uso cimiteriale dell'area in epoca cristiana è testimoniato da vari reperti, fra cui una mensa funeraria epigrafica di forma circolare. Scavi recenti hanno ritrovato i resti di un più antico edificio di culto cristiano.

Descrizione:
La chiesa di San Giovanni di Sinis esercita un forte impatto grazie al contrasto con il panorama marino, alla prossimità dello scenografico capo San Marco, dove insistono i ruderi dell'antica città di Tharros, alle sue forme levigate e alla cupola che conclude i ritmi curvilinei dei volumi architettonici.

L'edificio è il risultato della trasformazione longitudinale trinavata di una chiesa bizantina con pianta a croce inscritta, databile al VI-VII secolo, della quale rimangono il corpo cupolato e i bracci trasversali, con bifore aperte in epoca protoromanica (XI secolo).

L'osservazione dall'esterno consente di individuare i diversi corpi di fabbrica: cubo centrale sopraelevato rispetto ai volumi laterali che lasciano intravedere il transetto sormontato da una cupola e chiuso a E dall'abside.

All'interno della chiesa si notano le tracce di ammorsatura di una volta a botte originariamente impostata a livello più basso dell'attuale, frutto di ricostruzione. Sempre alla fase d'ampliamento appartengono l'abside, caratterizzata dall'estradosso rientrante sul filo d'imposta, e gli archi ciechi addossati ai fianchi delle navate laterali.

Nella parte più antica della chiesa, si constata con quale perizia i costruttori dell'età bizantina hanno realizzato la cupola, raccordando lo spazio quadrato delimitato ai vertici dai pilastri con l'imposta circolare della cupola. Il raccordo è reso possibile dall'uso di pennacchi, soluzione al contempo ardita ed elegante, comune ad altre aree sotto l'influenza di Costantinopoli.

Storia degli scavi:
La chiesa fu segnalata fin dal XIX secolo da Vittorio Angius. Nel 1953 Raffaello Delogu ne propose l'ascrizione al V secolo, restituendo un impianto a croce inscritta, ampliato nell'VIII-IX secolo sostituendo la zona occidentale con un'aula trinavata. L'interpretazione è stata accettata da Roberto Coroneo (1993), che ha però ritardato la trasformazione longitudinale all'XI secolo.

© Regione Autonoma della Sardegna - Sardegna Cultura
FotoGaspar Torriero (© BY-NC-ND 3.0 IT)


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