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Catalogna: dichiarata l'indipendenza ma è crisi senza fine

Mentre Rajoy e Puigdemont proseguono la loro partita a carte, nell'incertezza fuggono le imprese e nel mondo quasi nessuno vuole riconoscere la Catalogna indipendente.

In Catalogna è sempre più lunga e profonda la crisi istituzionale. Un conflitto tra due parti che dopo il voto nei rispettivi parlamenti (catalano e spagnolo) sembra oramai insanabile. Da una parte il processo indipendentista che, arenatosi col congelamento dell'indipendenza, è stato rilanciato a sorpresa il 27 ottobre col voto sull'indipendenza (70 favorevoli su 135 e l'intera opposizione fuori dall'aula). Dall'altra, la reazione del governo spagnolo con l'applicazione dell'articolo 155 della Costituzione, votata a maggioranza a maggioranza assoluta dal Senato, che ha portato al commissariamento dell'intero Govern. Intanto in questo prolungato quadro d'incertezza giuridica e istituzionale numerose imprese hanno spostato la propria sede legale e fiscale in altre regioni spagnole. Mariano Rajoy ha poi convocato le elezioni per il 21 dicembre, ma per i repubblicani e gli indipendentisti sono elezioni di un paese straniero. Ci saranno due elezioni parallele? Chi proclamerà quelle catalane? “In Catalogna sembra in atto un gigantesco gioco delle parti tra Rajoy e Puigdemont, che entrambi a questo punto, vogliono solo ingraziarsi i reciproci elettorati”, scrive il sociologo Nicolò Migheli.

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Il pugno duro della Corona e la prima volta dell'art.155

Evitata la sospensione dell'autogoverno e delle funzioni del Parlamento catalano per il quale, tuttavia, esiste una “barriera psicologica” ovvero il fatto di essere “l'organo che rappresenta la volontà popolare e in esso vengono rappresentati tutti i catalani”, l'incertezza degli esperti di diritto costituzionale sul “cosa fare” è stata sciolta dal governo del Partido Popular di Mariano Rajoy. Cessate le cariche del presidente, del vice e degli altri consiglieri della Generalitat, l'amministrazione continuerà nel suo operato ordinario controllata da Madrid. Infatti i dettami dell'art.155 in due paragarafi, ad eccezione dell'utilizzo dell'Esercito, danno “carta bianca” sulle “misure necessarie” al fine di obbligare una comunidad autónoma (le regioni autonome) ad adempiere alle leggi dello Stato in assenza di altre strade percorribili. Mai utilizzata nella storia della Spagna in 39 anni di storia dalla Costituzione del 1978, ad oggi per molti è “una catastrofe” per la Catalogna, ma anche per la democrazia spagnola, nata nel 1975 dopo la morte del Generalisimo Franco e la fine della sua sanguinosa dittatura.

Nell'incertezza le imprese lasciano la Catalogna

Nei giorni seguenti il voto referendario del 1°ottobre, in tre giorni (tra il 9 e l'11) si sono spostate 524 imprese. I giorni scorsi il vicepresidente Iunqueras ha convocato le multinazionali operanti in Catalogna. Ad oggi sono circa 1700 quelle che hanno spostato la propria sede legale e fiscale in un'altra regione spagnola. “In 18 giorni lavorativi hanno lasciato il triplo dei nove mesi precedenti” ha scritto La Vanguardia. Fuga facilitata anche da un decreto del governo (col sostegno Psoe) che ha semplificato la procedura. CaixaBank, Banco Sabadell, Abertis, Gas Natural, Inmobiliaria Colonial, Cellnex, Catalana Occidente o Idilia Foods (Colacao o Nocilla) sono solo alcune. Ai più questi nomi non dicono nulla ma sono i pezzi da novanta dell'economia catalana. Le prime sei sono tra le sette aziende quotate nella borsa spagnola, l'Ibex 35. Tra le altre recentemente s'è spostata nelle Asturie anche Volotea, la compagnia aerea iberica che viaggia anche in Sardegna.

Indipendentisti soli tra l'incudine europea e il martello spagnolo

Oltre il commissariamento della Generalitat il governo Rajoy ha rimosso e sostituito anche Josep Lluís Trapero, comandante dei Mossos de Esquadra, la polizia catalana, nei giorni scorsi messo sotto inchiesta per sedizione nella gestione dell'ordine pubblico durante le proteste del 20 settembre contro la detenzione degli organizzatori del referendum (illegale per le autorità spagnole) Jordi Sànchez e Jordi Cuixart, los Jordis, leader dei principali movimenti indipendentisti, l'Assemblea nazionale catalane (Anc) e Omnium. E la libertà dei due arrestati erano parte delle “garanzie” che richiedeva Puigdemont prima di chiudere la trattativa col governo approvando in aula l'indipendenza. Ma il processo indipendentista non è ben visto dall'Europa, che interloquisce solo con la Spagna e lo relega ad un fatto di politica interna. Sebbene la Catalogna abbia richiesto il riconoscimento delle Nazioni Unite, sul piano internazionale oltre l'Italia lo hanno respinto Stati Uniti, Australia, Germania, Francia, Regno Unito e i principali paesi occidentali, ma anche Grecia e Portogallo. Al momento solo l'Ossezia del Sud e la Abcasia (entrambe separate dalla Georgia dal 2008) hanno manifestato la volontà di prendere in considerazione la questione.