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Il dolce e naturale miele sardo: il superfood che ci accompagna dalle origini - 2

Seconda parte dell'excursus storico e gastronomico su una delizia dell'isola che è anche definito il cibo dei centenari della nostra terra.

Il miele sardo nella storia

Per capire il nostro passato spesso il nostro riferimento è la letteratura classica, essendo stato l’impero romano per lungo tempo il dominatore incontrastato del Mediterraneo. Ma nell’età classica il miele sardo non è di solito citato come un buon prodotto. Spesso ci si riferiva più che altro al miele di corbezzolo, più amaro e non dorato come gli altri, che già era tipico dell’isola. Cicerone per esempio a difesa di un cittadino romano accusato di aver ucciso un cittadino di Nora disse: "Ogni cosa che la Sardegna produce, uomini e cose, è cattivo! Perfino il miele che abbonda in quell'isola, è amaro!". Peccato per Cicerone e per chi gli diede retta, si sono persi le molteplici proprietà del miele di corbezzolo, depurative, astringenti, antinfiammatorie…. Basti pensare che oggi si stanno anche studiando i suoi effetti curativi sulle cellule tumorali del colon retto. Di sicuro quello che quell’affermazione di Cicerone ci dice è che il miele di corbezzolo era già presente in abbondanza in Sardegna già in epoca classica e anche particolarmente usato dai nostri avi. Da quel che sappiamo il periodo di maggiore produzione di miele nell’isola è stato probabilmente il medioevo. Nella carta de Logu (cap XXXI) Eleonora d’Arborea imponeva pesanti sanzioni per il furto di un alveare, pari almeno a cinque volte il danno subito fino al taglio di un orecchio in caso di mancato pagamento. E questo ci dà sicuramente un’idea dell’importanza che si dava a questo prodotto. Per lungo tempo il miele ha rappresentato l’unico dolcificante esistente, almeno fino alla diffusione massiccia dello zucchero, che divenne ben presto più usato dalle classi agiate (come accennato anche sopra), mentre il miele rimase a disposizione di quelle meno abbienti. Durante l’800 infatti queste barattavano il miele in cambio di vestiario o in occasione di feste o sagre veniva venduto per la produzione del torrone. Per vedere in Sardegna nascere delle vere associazioni di apicoltori, alcune delle quali ancora presenti oggi, dobbiamo aspettare il 1900, con la piena diffusione dell’arnia mobile. Oggi come già anticipato il miele di Sardegna è un’eccellenza riconosciuta e ormai sempre protagonista al concorso “le tre gocce d’oro” che seleziona ogni anno le migliori produzioni d’Italia. Si sta anche cercando di ottenere per il miele sardo il marchio DOP. 

Il mito di Aristeo, portatore dell’apicoltura in Sardegna

Quando un prodotto è importante ad esso sono sempre legati miti e leggende, e il miele non è da meno. Se abbiamo impiegato tanto tempo per comprendere davvero cosa accade all’interno di un alveare abbiamo capito subito il valore del miele e delle api, che sono infatti stati considerati per lungo tempo animali divini o aventi il privilegio di un contatto diretto con le divinità. Nella mitologia ellenica in particolare il miele è un grande protagonista, pensiamo solo che una delle teorie è che Zeus sia stato allevato dalle ninfe con miele e latte di capra. Tra i tanti miti ellenici che citano miele e api ce n’è uno legato anche all’origine della civiltà sarda. Quello di Aristeo, apicoltore figlio di Apollo e della ninfa Cirene, figlia del re dei Lapiti. Il suo mito è raccontato nelle Georgiche di Virgilio ed è legato a quello di Orfeo e Euridice, egli è infatti la causa della morte di quest’ultima, morsa da un serpente mentre cercava di sfuggire alle sue attenzioni. La favola di Aristeo è molto bella e affascinante, ma non sono qua per raccontarla nei particolari, come disse anche il canonico Spano quello che di lui ci interessa è il valore che gli viene attribuito dagli storici antichi, come Diodoro Sicula (90 a.C. circa – 27 a.C. circa) o Cicerone (106 a.C.- 43 a.C.). È infatti l’eroe che avrebbe portato in Sardegna (e non solo) l’arte di addomesticare le api e di farne miele e cera, oltre ad aver insegnato come creare olio e formaggi. Insomma stando agli storici antichi Aristeo è il padre dei mestieri che ancora oggi sono alla base dell’economia agropastorale sarda. E infatti di Aristeo ci viene raccontato che viaggiò per tutto il Mediterraneo, e dalla Grecia giunse in Sardegna, dove civilizzò le tribù e, secondo alcuni, fondò l’attuale città di Cagliari, leggenda che sembra anche trovare riscontro nelle recenti scoperte archeologiche. Le prove che Aristeo venne venerato in Sardegna non sono numerose, ma secondo il canonico Spano era venerato al pari di Sardus Pater. Sempre Spano racconta nel Bullettino Archeologico Sardo del ritrovamento a Oliena della statuina raffigurante Aristeo, risalente all’800 a.C. e oggi conservata al museo di Cagliari. Anche l’area in cui è stato recuperato il reperto, la vigna de su medde (ovvero del miele) rende abbastanza inequivocabile il fatto che in quel luogo si producesse del miele. Alcuni reperti, la cui area di ritrovamento ci risulta sconosciuta, sono anche più antichi e risalenti al periodo nuragico, a testimoniare quanto sia arcaico da parte dei sardi il culto di Aristeo. Alcuni storici come Tocco nella metà dell’800 guardavano al mito di Aristeo (e non solo) come a una spiegazione della nascita delle prime civiltà sarde, vedendo in esso l’allegoria di un intero popolo. Sebbene le sue teorie non siano tra le più famose credo non vadano sottovalutate. Il fatto che Tocco parlò dei nuraghi come luogo di lavoro insieme alla scoperta dei laboratori enologici nel Nuraghe Arrubiu mi fa pensare che forse le sue teorie non vadano prese proprio sottogamba.

Sul miele e sulla storia ad esso legata ci sarebbe da riempire i libri. Ma spero con questo articolo di aver almeno reso l’idea di quanto sia importante per noi questo prodotto, per la nostra storia e quanto sia fondamentale tutelarlo come un bene fondamentale.

(vai alla prima parte...)

Rob Coll

Foto | Carlos Ebert su Flickr

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