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Vivian Maier in mostra al Man di Nuoro

Nel museo nuorese una raccolta delle fotografie della bambinaia americana il cui talento è stato scoperto postumo: oltre 120 immagini che raccontano un grande talento diventato pubblico solo per uno scherzo del destino.

In scena a Nuoro una grande fotografa, il cui talento è stato scoperto postumo, anche grazie a un documentario che ne ha diffuso l’originale storia nel mondo. Si chiamava Vivian Maier, e le sue foto (qui le fotogallerie online) saranno in mostra a partire da domani 10 luglio (e fino al 18 ottobre) al MAN del capoluogo barbaricino: un lavoro frutto di decenni di passione mai rivelata, visto che la donna, che lavorava come bambinaia a New York e Chicago, non ha praticamente mai tentato di rende pubbliche le sue foto. Eppure, quello che è stato scoperto da John Maloof nel 2007, dopo la sua morte, in un magazzino dove era finito perché confiscato causa mancato pagamento dell’affitto, è un archivio sterminato con oltre 150mila negativi, una miriade di pellicole non sviluppate, stampe, film in super 8 o 16 millimetri, registrazioni, appunti e altri documenti di vario genere che la tata “francese” (la madre era originaria delle Alpi provenzali) accumulava nelle stanze in cui si trovava a vivere, custodendo tutto con grande gelosia.

La mostra di Nuoro, a cura di Anne Morin, vedrà esposte 120 fotografie, che hanno come filo conduttore ossessioni come quelle per la documentazione e l’accumulo, e anche 10 video in Super 8 e una selezione di immagini a colori realizzate a partire dagli anni sessanta. Gli scatti più recenti raccontano il cambiamento di visione, dettato dal passaggio dalla Rolleiflex alla Leica, che obbligò Vivian Maier a trasferire la macchina dall’altezza del ventre a quella dell’occhio, offrendole nuove possibilità di visione e di racconto. La mostra sarà inoltre arricchita da una serie di provini a contatto, mai esposti in precedenza, utili per comprendere i processi di visione e sviluppo della fotografa americana. “Di Vivian Maier – dice Lorenzo Giusti, Direttore del MAN - si parla oggi come di una grande fotografa del Novecento, da accostare ai maestri del reportage di strada, da Alfred Eisenstaedt a Robert Frank, da Diane Arbus a Lisette Model. Le grandi istituzioni museali fanno però fatica a legittimare il suo lavoro, vuoi perché, in tutta una vita, non ebbe una sola occasione per mostrarlo, vuoi per la diffusa – e legittima - diffidenza verso l’attività degli ‘hobbisti’. Ma i musei, si sa, arrivano sempre un po’ in ritardo”.

In tempi in cui le “barriere d’accesso” al mondo della fotografia si fanno sempre più facili da scavalcare, è indispensabile valutare appieno il lavoro di questa artista che era anzitutto un personaggio molto originale, non a caso conosciuta in primis attraverso un film, quel “Alla ricerca di Vivian Maier” visto nella sale d’essai italiane (ma anche sulla Rai), e diretto dallo stesso John Maloof e da Charlie Siskel. Una pellicola che racconta anzitutto la storia di questa eccentrica “bambinaia fotografa”, attraverso il ricordo di chi l’ha conosciuta, che spesso la definiva “originale” per non dire “strana”, quasi ad avvalorare l’immagine di un grande talento inconsapevole. “Ho fotografato i momenti della vostra eternità perché non andassero perduti", scriveva la Maier in una lettera ai bambini che aveva curato, ormai cresciuti. Solo uno scherzo del destino, e l’intuito di un giovane appassionato, hanno reso pubblico quell’archivio di istanti, immenso quanto segreto, restituendolo davvero all’eternità.

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