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Regionali 2014: Programmi su industria ed energia

Sardegna 2014 Industria ed energiaTanta energia, poca industria: le proposte economiche dei candidati alle regionali.

Innovazione e competitività sono al centro della nuova politica industriale europea che, dal 22 gennaio scorso, attraverso l’Industrial Compact opera per raggiungere il 20% del Pil dal manifatturiero entro il 2020. Da un lato, riducendo l’emergenza occupazionale figlia della crisi economica (forte in Italia, disarmante in Sardegna), e dall’altro, armonizzando produzione industriale e tutela dell’ambiente in linea con Horizon 2020, il programma europeo per la ricerca scientifica, l’industria e lo sviluppo sociale.

Le politiche industriali disegnate da Sardegna Possibile e del centrosinistra hanno più o meno visione di lungo periodo e guardano anche ad altri mercati. Partendo da un punto di vista locale, analizzano la situazione, le risorse esistenti (naturali, umane e finanziarie) e propongono una via d’uscita dall’impasse in cui versa l’industria sarda, anche coordinando attori istituzionali (Regione e Comuni) ed economici (Pmi), per favorire lo sviluppo professionale e l’esportazione in “mercati di qualità e in crescita”.

Per la “ripresa della produzione manifatturiera”, il centrosinistra si concentra su formazione e ricerca di nuove forme di incentivazione (anche attraverso l’investimento privato) unito al sostegno delle crisi industriali improntato a “principi di flessicurezza” (flessibilità e sicurezza dell’occupazione) attraverso “sussidi temporanei legati in maniera imprescindibile alla formazione”. Tuttavia, entrambe le proposte non portano in pancia le risorse finanziarie a cui fare affidamento. Mancano i dettagli sulla riconversione delle centrali elettriche per l’efficienza energetica ambientale, e sullo sviluppo delle smart grid, ossia le reti di trasmissione intelligenti. Lo stesso vale per SP che, pur parlando di riqualificazione e bonifica delle aree industriali, di riconversione delle reti di distribuzione e trasmissione con l’utilizzo dell’Ict (Information communication technology) e delle smart grid, non definisce mezzi e risorse per procedere a queste operazioni.

Il cuore del piano industriale del FIU, invece, è “impostato primariamente sulla lavorazione e trasformazione delle materie prime locali e dei prodotti agroalimentari sardi”. Un progetto che, senza sottolineare necessità di sviluppare eccellenze professionali, basa “l’eccellenza” nei prodotti stessi della regione. Gli indipendentisti, però, puntano soprattutto alla creazione della cosiddetta “democrazia energetica”, attraverso la costruzione di impianti di piccola e media taglia distribuiti nell’intero territorio ma senza specificare le risorse da investire per costruire, mantenere e smaltire tali impianti.

Altro dato che “scricchiola” è quello relativo all’obbligo di residenza fiscale per le aziende produttrici di energia operanti in Sardegna e il diritto di prelazione per le imprese specializzate sarde nelle gare d’appalto, che dovrebbero essere chiamate in seguito all’istituzione di un piano nazionale delle bonifiche. Entrambe le proposte parrebbero in contrasto con le normative interne e comunitarie sulla libera concorrenza (articolo 117 della Costituzione e artt. 101 e 102 TFUE). Inoltre, il fatto che le imprese siano sarde richiama una forma di protezionismo che non garantisce in nessun modo la qualità delle attività.

Anche la formazione indipendentista del centrodestra di Pili si concentra principalmente sul settore energia, proponendo l’abbattimento del monopolio delle “lobby dell’Enel, dell’eolico e del fotovoltaico di Stato”. Non è chiaro, però, come in un mercato libero dal 1999 (quello dell’energia con il D.lgs 79/1999) e dal 2000 (quello del gas D.lgs 164/2000) questa formazione politica intenda intervenire. Dal momento che, da un punto di vista amministrativo (l’Autorità per l’Energia elettrica e il gas esiste da tempo, istituita con Legge 481/1995) e la liberalizzazione del mercato è un processo in corso. Non c’è traccia di politica industriale, solo una presa di posizione sulle politiche dei trasporti con la battaglia per gli oneri di servizio pubblico.

Il grande assente è la politica industriale della coalizione politica uscente. Il centrodestra non espone strategie di sviluppo in linea con gli obiettivi comunitari, se non per il riferimento alla “green economy”, cavallo di battaglia nel programma “Sardegna CO2.zero”. Il gruppo aspira a “un’eccellenza a livello internazionale”, ma le poche righe dedicate a questo “Green new deal” non specificano canali, risorse e mezzi per il suo raggiungimento. Ambiziosi gli obiettivi da raggiungere (+2% del Pil annuo, 5mila posti di lavoro green in 5 anni, riduzione del 70% annuo dei costi in bolletta) senza chiarire come. In ultimo il Movimento Zona Franca fornisce poche righe generiche su uno sviluppo industriale attraverso l’introduzione di tecnologie moderne, ma senza proposta né programma.


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TABELLA RIASSUNTIVA


Cominciamo il domani  Pigliaru Un’industria inserita in un contesto globale e un “Piano energetico regionale” sono le priorità del centrosinistra. Le chiavi del programma sono: la creazione di forza lavoro specializzata grazie al lavoro congiunto di strutture di formazione scolastica, universitaria e professionale, e una semplificazione burocratica. Per tale scopo si propone di investire in nuove tecnologie, riorganizzare il sistema degli incentivi alle imprese, costituire un “fondo unico per l’internazionalizzazione delle imprese sarde” e intervenire su quelle in crisi attraverso “sussidi temporanei legati alla formazione”. Il tutto sotto la regia di un “Assessorato per lo sviluppo economico”. Sul fronte energetico l’obiettivo è aumentare l’efficienza delle centrali esistenti e rivedere il FER promuovendo, invece, impianti di piccola taglia e smart grid.

Fronte Indipendentista Unidu Devias Un “piano per la democrazia energetica” che prevede “impianti di piccola-media taglia distribuiti su tutto il territorio”, e un’industria compatibile con le risorse naturali regionali sono le due chiavi del programma del FIU. Tali obiettivi sono sostenuti da vincoli di tutela ambientale, blocco dei progetti per la servitù energetica e obbligo di residenza in Sardegna per rinnovo e rilascio delle concessioni. Particolare importanza viene data al Piano delle Bonifiche prevedendo un “diritto di prelazione per le imprese specializzate sarde nelle gare d’appalto”. Il piano più strettamente industriale intende valorizzare il settore primario con la lavorazione e la trasformazione delle materie prime locali.

Movimento Zona Franca Sanna  Il Movimento zona franca non dà dettagli sul piano di politica industriale ed energetica. Il programma rimanda al paragrafo “Economia” sottolineando “enormi margini di sviluppo e distretti industriali che si basano sulle nostre capacità artigianali, introducendo innovazione, brevetti, ricerca, tecnologie moderne”.

Sardegna Possibile
 Murgia
Per integrare risorse umane, naturali, politiche industriali e competitività, SP punta alla partecipazione congiunta dei diversi attori (istituzionali ed economici) nel realizzare un’industria che generi occupazione, supportata da un piano energetico che garantisca la gestione delle concessioni e della rete di trasmissione (smart grid) e dalla riqualificazione delle aree industriali “intendendo il disinquinamento come azione proattiva verso la costruzione di un nuovo modello”. Per tali obiettivi garantisce “l’informazione sulle dotazioni finanziarie fruibili” attraverso digitalizzazione e sburocratizzazione delle strutture regionali, oltre a creare un “nuovo quadro di sostegno delle incentivazioni e partecipazione della Regione nell’assunzione dei rischi relativi alla fase di sviluppo e pre-industrializzazione”.

Schiena dritta, testa alta Pili Il loro programma si concentra su energia e trasporti ma il Piano industriale è assente. Il programma di Pili si propone, pertanto, “l’imposizione dell’onere di servizio pubblico” (per favorire la mobilità di uomini e merci a condizioni economiche uniformi, ndr.); e la stipula di “accordi con soggetti terzi per la produzione di energia elettrica in grado di abbattere il monopolio nel settore strategico”. Perciò, si propone un piano energetico regionale e varie  iniziative legislative e amministrative che cancellino “le indebite azioni speculative delle lobby dell’Enel, dell’eolico e del fotovoltaico di Stato”.

Ugo Cappellacci presidente Cappellacci Il cuore del programma è l’attuazione del “progetto Sardegna CO2.zero”, che propone interventi “per la riduzione delle emissioni di CO2 e per il risparmio energetico” oltre alla “diffusione della green economy”. Senza alcun cenno alla politica industriale, illustra una serie di obiettivi: “crescita del Pil del 2% annuo nei prossimi cinque anni”; “creazione di almeno 5mila posti di lavoro green”; “riduzione annuale del 70% dei costi bolletta elettrica per le famiglie sarde”; “riduzione significativa delle emissioni di gas serra”. La coalizione non specifica attraverso quali canali e con quali risorse intende raggiungere questi obiettivi.
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