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Senato: Scippati soldi per alluvione in Sardegna

Ponte galluraCambia la Finanziaria al senato e spariscono i fondi per la ricostruzione nell'isola, a denunciarlo il gruppo di Sel.

Scippati i fondi per l'alluvione in Sardegna dalla Legge di stabilità in discussione al Parlamento. L'accusa viene dal senatore di Sel Luciano Uras, secondo cui c'è stata una "inaccettabile" correzione al Maxiemendamento, che ha modificato il testo approvato in commissione bilancio sugli aiuti per la ricostruzione delle zone colpite dal disastro maltempo. 'Un intollerabile scherzo che colpisce e offende la Sardegna e i sardi - dice Uras, visto che i 27,6 milioni di euro, assegnati dalla Commissione si sono "magicamente trasformati in un limite massimo entro il quale deve ancora essere definita la vera dotazione da assegnare agli interventi di ricostruzione. E i 25,85 milioni di euro da liberare dai vincoli del patto si sono ridotti a 23,5. Uno scippo che si legge come un'assoluta mancanza di rispetto per la tragedia e per il dolore del popolo sardo".  
Per questo motivo il senatore della sinistra sarda chiede che "il Governo chiarisca le cifre esatte che sono state stanziate e vincoli in modo formalmente efficace sia quei 50 milioni di euro previsti per il 2015, sia i 50 milioni destinati all'Anas per intervenire sulla viabilità devastata dall'alluvione". Uras però attacca anche il governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci: "è chiaro che tutto questo non sarebbe accaduto se il presidente della Regione avesse fatto il suo dovere, cioè convocare una riunione dei parlamentari sardi, chiedere un incontro al governo insieme alle rappresentanze politico-sociali e definire in questo modo un programma degli interventi e le relative dotazioni finanziarie".

E intanto, la magistratura va avanti nella ricerca di responsabilità umane nel disastro, specie in Gallura. La Procura di Tempio Pausania sta infatti disponendo in queste ore il sequestro di tutti i canali "tombati" della città, un intervento indispensabile per stabilire il nesso di casualità tra la copertura del rio Gadduresu, il canale di Olbia in via Vittorio Veneto completamente coperto dal cemento, e l'allagamento che il 18 novembre ha avuto risvolti tragici, con la morte di sei persone solo nel capoluogo. L'inchiesta segue tre filoni principali: la voragine apertasi sulla strada provinciale a Monte Pino, che ha inghiottito tre vite, ora sotto sequestro; la morte dei quattro brasiliani nella cantina di Arzachena; infine l'assetto urbanistico della città.  Gli inquirenti hanno individuato diversi livelli di responsabilità: ci sono le persone che nell'emergenza avrebbero tralasciato di soccorrere chi era in pericolo di vita, i tecnici che non avrebbero provveduto a bonificare canali e corsi d'acqua e gli amministratori comunali di questa e delle passate legislature. Responsabilità soggettive, con la pesante accusa di concorso in omicidio plurimo colposo per le prime due "fasce" di indagati (ancora nessuno è stato iscritto nel registro) e la terza per dolo eventuale. A Olbia sono infatti numerosi i canali massacrati da strozzature, coperture e percorsi con curve a gomito, il cui tragitto si perde nei meandri della rete urbana. La città è stata costruita sopra un reticolo di canali, più volte "tombati", con edifici realizzati a ridosso e talvolta senza autorizzazioni, ma poi sanati. Emblematica la storia della scuola materna e elementare dell'istituto di Maria Rocca, costruita sopra un corso d'acqua interrato negli anni '80 dall'amministrazione comunale e che la
sera del 18 è stata completamente invasa dall'acqua.

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