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Sciopero Poste: corteo a Cagliari, ma la privatizzazione non c’è

Circa 500 lavoratori hanno manifestato in Sardegna contro il riassetto della società che secondo i sindacati potrebbe mettere a rischio 750 posti di lavoro, mozione anche in Regione.

Uffici postali chiusi oggi in Sardegna e nel resto d’Italia, per lo sciopero indetto dai sindacati confederali contro la privatizzazione della società, che secondo le organizzazioni dei lavoratori metterebbe a rischio 750 posti di lavoro dei 3mila 500 in essere nell’isola. A Cagliari è in corso anche un corteo, con circa 500 dipendenti postali, che è partito da viale Bonaria per raggiungere il Consiglio regionale e quindi il palazzo della rappresentanza del Governo, in Piazza del Carmine.
Ma su cosa è basata la rabbia dei lavoratori? Su un decreto governativo, presentato nel maggio scorso, che avviava un’ulteriore cessione di quote della società Poste Spa, il 30%, dopo che un 29% era già stato venduto in precedenza: il decreto è oggi ancora in essere, almeno da un punto di vista formale (e infatti Cgil, Cisl e Uil ne chiedono il ritiro definitivo) ma in pratica è già decaduto, come annunciato a settembre dal sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, che ha parlato di collocamento “rinviato” e di condizioni di mercato che “non consigliano di procedere con la privatizzazione”. Gli stessi sindacati sembrano d’accordo, visto che il segretario generale della Slc Cgil, Massimo Cestaro, ha detto che la mancata vendita “è una buona notizia, avevamo ragione noi”.

Poste in sciopero ma la privatizzazione dov'è?

Quindi lo sciopero riguarda il ritiro formale di un decreto già di fatto sconfessato dal governo, che secondo i sindacati potrebbe mettere a rischio i posti di lavoro:  a livello italiano, le organizzazioni dei lavoratori parlano addirittura di 20mila posti a rischio, sia “nel settore postale che finanziario”. Altro problema è quello della riorganizzazione delle sedi, che potrebbe portare alla chiusura di uffici nei paesi più piccoli e a quello che dentro Poste viene chiamato “taglio delle zone di recapito”, vale a dire il fatto che in una parte dei comuni sardi la corrispondenza potrebbe essere consegnata a giorni alterni. Un potenziale problema, per queste piccole comunità, anche se il calo della quantità di posta recapitata (complice il boom delle comunicazioni elettroniche) negli ultimi decenni è stato evidente, e il tutto si risolverebbe probabilmente in zone di consegna più ampie per chi lavora nelle aree interessate.

Una mozione in Regione: intervenga Pigliaru

In ogni caso, il Consiglio regionale sardo ha già chiesto al Presidente Pigliaru di "intervenire nei confronti del governo per evitare la chiusura di ulteriori uffici postali in Sardegna". Impegno previsto da una mozione, primo firmatario Daniele Cocco di Sel, sottoscritta da altri dieci esponenti di diverse forze politiche di maggioranza e opposizione, nella quale si paventa "il taglio di servizi e posti di lavoro" a causa del nuovo piano di riassetto di Poste Spa. Nella mozione si chiede inoltre a Pigliaru di mettere in atto azioni nei confronti dei vertici di Poste per "porre particolare attenzione nella riorganizzazione delle sedi e dei servizi postali delle aree svantaggiate della Regione". A criticare lo sciopero di oggi sono però anche i sindacati di base, in particolare i Cobas, che in un loro manifesto (a fine paragrafo l’immagine) accusano le organizzazioni promotrici di avere sempre avallato le pratiche che hanno creato gli stessi problemi contro cui si battono oggi, tanto che ai confederali viene contestato di “scioperare contro se stessi”.

Foto in alto: Pixabay | CC0 Public Domain

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