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Strage di ciclisti: ucciso un operaio a Oristano

Incidente biciIn dieci anni ne sono morti oltre 2mila 500, ancora assenti o scarse norme e strutture a tutela di chi va in bicicletta.

C'è una strage silenziosa che va avanti da anni in Italia e Sardegna: è la strage di ciclisti su cui sempre più spesso si leggono titoletti (sempre piccoli e con scarso rilievo) su giornali e siti di informazione nostrani. Un massacro che aumenta con la sempre maggiore diffusione delle due ruote in città e paesi sardi, causata dalla crisi, da stili di vita più attenti all'ambiente e anche dalla passione per una modalità di trasporto semplice, sana ed economica. Tra 2000 e 2010 sono morti in Italia, secondo cifre dell'Aci, oltre 2mila 500 ciclisti, con altri 15mila feriti: un vero e proprio bollettino di guerra, che oggi si allunga con la morte di un operaio 39 enne di Santa Giusta, investito e ucciso da un'auto pirata che l'ha travolto mentre percorreva con la bicicletta via Giovanni XXIII, la strada che in pochi chilometri unisce il paese ad Oristano.

La vittima si chiamava Cristian Dancardi ed era di Santa Giusta, è stato ritrovato sul ciglio della strada, all’altezza di “Cuccuru ‘e portu”: l'incidente sarebbe avvenuto verso le 7 del mattino, quando l’operaio è stato investito da un automobilista che poi si è dato alla fuga, coma accade sempre più spesso in questi casi. Sul luogo dell’incidente i Carabinieri hanno trovato alcuni pezzi della carrozzeria dell’auto che ha travolto e ucciso il ciclista, e hanno avviato le indagini, nella speranza che le immagini riprese dalle telecamere di sicurezza dei vicini negozi possano aver ripreso l’automobilista pirata. Nonostante negli ultimi anni, in Italia, si vendano più bici che macchine, non esistono infatti ad oggi norme a favore dei ciclisti e nelle città del centro Sud mancano quasi completamente le strutture.

Le piste ciclabili tardano a diventare una consuetudine, anche se Cagliari si avvia verso un grosso progetto e qualche tempo fa la Regione Sardegna ne ha promesso uno ancora più vasto, e sopratuttto non sembra diffondersi nel popolo degli automobilisti la cultura (presente in tutta Europa) secondo cui chi va in bici è un utente della strada esattamente come loro. Nel migliore dei casi è considerato un intralcio, quando non apertamente insultato e disprezzato: le piste ciclabili, poi, sono i nuovi parcheggi aggiuntivi di chi non ha la pazienza di girare per cercarli o semplicemente non vuole pagare. Quanti di noi hanno sentito automobilisti inveire contro i ciclisti, accusati di non rispettare il codice della strada e di essere pericolsi per la circolazione? se è vero che i ciclisti devono rispettare semafori, sensi di marcia e tutta la segnaletica stradale, non si può però scordare che un'infrazione in auto può facilmente essere mortale per pedoni e ciclisti, mentre non è quasi mai vero il contrario. Andrebbe ricordato anche che le strade sono pagate con le tasse di chi si muove in bici come con quelle dei possessori di SUV, quindi i primi avrebbero diritto a usarle quanto i secondi. Negli Stati Uniti, in città come San Francisco, c'è stato bisogno di una vera rivolta di massa dei ciclisti, radicale, per cambiare le cose: in Italia ce ne sono le avvisaglie, dalla Ciemmona di Roma in giù, ma ancora probabilmente nemmeno i ciclisti hanno consapevolezza di quanto siano pericolose, per loro, le nostre strade. Sarebbe bene che lo capiscano in fretta e si organizzino di conseguenza.

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