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Se la costante resistenziale sarda non esiste più, il sardo italiano medio

Il post elezioni sembra porre molti quesiti sulla capacità dei sardi di resistere, in primo luogo dal punto di vista culturale, alle pressioni esterne e chissà se dall'isola saprà arrivare - se necessaria - una forma di resistenza.

"La Sardegna, in ogni tempo, ha avuto uno strano marchio storico: quello di essere stata sempre dominata (in qualche modo ancora oggi), ma di avere sempre resistito. Un'isola sulla quale è calata per i secoli la mano oppressiva del colonizzatore, a cui ha opposto, sistematicamente, il graffio della resistenza".

 Questo è quello che diceva Giovanni Lilliu, autore del famoso e “simbolico” testo “La costante resistenziale sarda”, secondo cui nessuna occupazione e pressione esterna è riuscita nella storia a stroncare la resistenza, in primo luogo culturale, dei sardi. Per Lilliu, gli abitanti della nostra isola hanno mantenuto una “fedeltà alle origini autentiche e pure”.

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Difficile oggi poter essere d’accordo con Lilliu, visti i risultati delle elezioni, che peraltro sembrano confermare, in forma più grave, quanto già accaduto in passato. Stavolta i sardi sembrano aver scelto addirittura volontariamente una vera e propria gestione dall’esterno, per la precisione da quella Padania che tanto spesso li ha accolti come emigranti e che talvolta, proprio per voce di quella Lega che da oggi - di fatto - governa la Sardegna, li ha invitati a tornare a casa e disprezzati come un popolo “invasore”, più o meno nello stesso modo in cui molti sardi oggi sembrano disprezzare i migranti in fuga dall’Africa, dalla fame e dalla guerra. Questo è così vero che il nuovo presidente della Sardegna - Christian Solinas - alla conferenza stampa col Ministro Salvini non è riuscito a far piazzare in sala nemmeno una bandiera dei quattro mori - simbolo del partito fondato da Emilio Lussu, ma solo stendardi d’importazione del carroccio. È così vero che la Lega pare abbia già chiesto per sé l’assessorato alla saluta, poltrona strategica con cui vuole forse ripetere i “successi” nella gestione sanitaria della Lombardia e di altre regioni del settentrione.

Del resto, se almeno una minoranza dei sardi hanno mantenuto una capacità resistenziale è probabile che la dovranno mettere in campo a breve: l’occupazione leghista ha espresso già chiaramente - perfino in campagna elettorale - i suoi intenti. Il deposito nucleare a cui tanto ci si è opposti nell’isola - perfino con un referendum regionale - negli anni scorsi, sembra a un passo dopo le recenti dichiarazioni del vicepremier, nelle campagne e nel settore agropastorale ogni tipo di opposizione “dura” allo stato attuale delle cose sarà duramente repressa come opera di “delinquenti” - anche se prima delle elezioni sembrava tollerata con una certa sportività come espressione di “rabbia” e disperazione - e l’autonomia differenziata in salsa leghista che si vuole concedere alle regioni del Nord renderà sempre più bassi i trasferimenti dallo stato centrale (che deve già centinaia di milioni di euro di arretrati) alla regione autonoma sarda, con l’inevitabile risultato che saranno tagliati i servizi essenziali già ridotti (tra mille critiche) dalla giunta Pigliaru. Ora attendiamo smentite - nei fatti però - o la resistenza di cui parlava Lilliu.

Foto | Luca Conti su Flickr

 

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