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Uranio impoverito: è scontro Parlamento – militari

La relazione conclusiva della commissione d’inchiesta sui poligoni e le strutture industriali della Difesa scatena una rovente polemica anche nel mondo politico, "sconvolgenti criticità" in Sardegna.

"Sono emerse rilevanti criticità che investono in primo luogo i temi della salute dei lavoratori e dei cittadini che vivono nelle aree adiacenti agli insediamenti militari, nonché della salubrità degli ambienti". È un passaggio della relazione conclusiva della Commissione d'inchiesta parlamentare sull'uranio impoverito, dove si legge anche che l’organo parlamentare "non ritiene accettabile che l’adozione di misure di prevenzione e sicurezza nei poligoni e nelle strutture industriali della Difesa possa essere condizionata dalla indisponibilità di mezzi finanziari adeguati. Sono particolarmente significativi i dati emergenti dalle indagini sui poligoni di tiro relativi alla salute dei cittadini che vivono nelle aree adiacenti, soprattutto in Sardegna".

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La commissione, guidata dal presidente Gian Piero Scanu (Pd), denuncia poi "sconvolgenti criticità" per la sicurezza e la salute dei militari dispiegati in Italia e nelle missioni all'estero, criticità "che hanno contribuito a seminare morti e malattie". Viene criticato anche il "negazionismo" dei vertici militari, così come gli "assordanti silenzi generalmente mantenuti dalle Autorità di Governo", mentre diversi esperti hanno riconosciuto il legame tra l'esposizione tra uranio impoverito e l'incidenza di tumori. Scanu ha chiarito che il riferimento è anche all'attuale esecutivo: in un comunicato, lo Stato Maggiore della Difesa ha ribadito che le forze armate italiane mai hanno acquistato o impiegato munizionamento contenente uranio impoverito. "Tale verità - spiega il comunicato - è emersa ed è stata confermata anche dalle commissioni tecnico-scientifiche ingaggiate dalle quattro Commissioni parlamentari che, dal 2005 ad oggi, hanno indagato su tale aspetto". Lo Stato Maggiore ribadisce "la totale disponibilità alla collaborazione".

La Commissione parla anche di Sardegna in dettaglio, affermando che non deve essere "mai più interdetta" la Penisola Delta del Poligono di Capo Teulada, in Sardegna. Quella zona è stata "utilizzata da oltre 50 anni come zona di arrivo dei colpi", ma è rimasta "permanentemente interdetta al movimento di persone e mezzi". "Le immagini satellitari ritraggono una discarica non controllata: sulla superficie tonnellate di residuati contenenti cospicue quantità di inquinanti in grado di contaminare suolo, acqua, aria, vegetazione, animali. E l'uomo", denuncia la relazione.

Dure le reazioni politiche: "arriva alla conclusione per le nostre forze armate un calvario segnato da umiliazioni e sentimenti di antimilitarismo" – scrive in una nota, Edmondo Cirielli, deputato di Fratelli di Italia, mentre di una "reazione scomposta e ai limiti del grottesco” da parte dei vertici militari e del Ministero della Difesa, ha parlato  Michele Piras, deputato sardo di Liberi e Uguali. "Si negano le evidenze - prosegue Piras - e si oppone alla verità l'ennesima cortina fumogena, come del resto accade da anni, colpevolmente, in particolare nella mia Sardegna, dove continuano a insistere oltre il 60% delle servitù militari d'Italia e i tre poligoni più estesi d'Europa”. 

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