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Fiore Sardo, scontro sulle royalty tra i produttori

Un gruppo spontaneo di pastori protesta contro la richiesta di pagamento avanzata dal Consorzio di Tutela di questo formaggio DOP dell’isola.

La richiesta è di 3000 euro biennali per continuare a produrre il Fiore Sardo, formaggio che hanno sempre prodotto, potendo fregiarsi del Marchio della Denominazione di origine protetta (DOP) senza aderire al Consorzio di tutela. È questa la richiesta di royalty che ha scatenato la protesta di un gruppo “spontaneo” di produttori “storici” dell’eccellenza casearia sarda, che in una nota stampa raccontano di avere ricevuto tra dicembre e gennaio una lettera in cui gli si chiedono questi soldi, che ha subito scatenato “una reazione” con l’obiettivo di far chiarezza sulla legalità della richiesta.

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I pastori se la prendono proprio col Consorzio di tutela del Fiore Sardo, attualmente “guidato dagli industriali caseari con al vertice Antonio Maria Sedda, amministratore della SEPI Formaggi”, visto che Il contenuto della comunicazione prescinde “dalla effettiva dimensione della produzione: può così avvenire – aggiungono gli allevatori - che un piccolo produttore con 5 quintali annui di prodotto veda crescere il costo di produzione del proprio prodotto di € 3,00 al Kg”. Il pagamento inoltre rappresenterebbe, secondo un parere legale richiesto dal gruppo, una “violazione del regolamento che concerne la ripartizione dei costi derivanti dalle attività dei Consorzi di Tutela delle denominazioni di origine protette (Decreto Ministeriale 12 settembre 2000 n. 410)” il quale prevede che ciascun produttore della DOP “ ..... dovrà contribuire con una quota commisurata alla quantità di prodotto controllata dall'organismo ….. ”.

I pastori considerano quindi la richiesta “un atto di coercizione” verso chi è detentore dell’artigianale arte di produzione dell’eccellenza casearia, per costringerli “a far parte del Consorzio”: “Si tratta di una vera e propria privazione della nostra libertà di essere produttori non consorziati -  affermano ancora - in quanto i soci aderenti al consorzio, secondo quanto scritto nella missiva, non sono tenuti a pagare tale royalty”.
Gli allevatori hanno già inviato una comunicazione ufficiale al Ministero delle Politiche Agricole, all’Assessorato Regionale all’Agricoltura e all'Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e della Repressione Frodi, richiedendo di intervenire “al fine di intimare al Consorzio la revoca della richiesta oggetto di dibattito e di astenersi dall’intraprendere ulteriori azioni che violano le norme poste al presidio della DOP”.

Foto: Pixabay | CC0 Public Domain

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