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Gli alieni minacciano la natura di Sardegna

Euprotto sardoUn report di ISPRA e IUCN denuncia i rischi per molte specie anche dell'isola, causati da quelle introdotte da altri territori, che potrebbero portare all'estinzione l'euprotto, le anguille e molte piante.

Non sono quelli coi dischi volenti, provenienti da pianeti più o meno sconosciuti, e nemmeno quelli immaginari con cui il regista Orson Welles ha terrorizzato via radio gli USA; gli alieni che minacciano gli ecosistemi sardi sono le specie provenienti da altre zone del mondo, che mettono a rischio sopravvivenza animali e piante autoctoni. Lo denuncia un rapporto sull’argomento realizzato dall’italiano ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), in collaborazione con l’IUCN (Unione mondiale per la conservazione della natura), da cui risulta che circa il 20% delle specie che rischiano l’estinzione soffrono delle pressione degli “alieni”. Tra questi c’è anche l’Euprotto sardo (Euproctus platycephalus) una rara specie di salamandra autoctona dell’isola.

Secondo l’esperto dell’ente ambientale nazionale, Piero Genovesi, un’altra specie in pericolo a noi ben nota è l'anguilla, mentre molte piante sarde, ad esempio nello scrigno di biodiversità dell’isola di Tavolara, sono messe a rischio dalla comune capra domestica che spesso – svela il ricercatore – “sulle isole, inselvatichita, devasta gli ambienti naturali: mangia anche in ambienti aridi e per esempio a Tavolara mette in pericolo le piante endemiche, ce ne sono almeno sette a rischio". E anche il gatto, a sorpresa, è nella lista “nera”, visto che secondo Genovesi "ha impatti predatori altissimi: è la specie al mondo che ha provocato più estinzioni, cacciando uccelli, lucertole, anfibi, tutti i piccoli vertebrati. Uno studio in Gran Bretagna ha stimato siano fra i 25 e 29 milioni gli uccelli uccisi ogni anno dai gatti liberati in natura".

L’eccessiva diffusione di conigli selvatici è un'altra problematica comune di ecosistemi come quelli isolani, dal momento che possono favorire pesanti fenomeni di erosione costiera, e di conseguenza agli uccelli marini, che perdono le zone più favorevoli per la nidificazione. Quindi, non sempre animali più o meno selvatici ma “carini” come la capretta o il coniglio sono un bene per l’ambiente, anzi in alcuni casi, come successo nell’isola portoghese di Deserta Grande, un progetto europeo ha portato alla loro eradicazione proprio per tutelare il delicato ecosistema insulare. L’analisi di ISPRA e IUCN prevede anzi che in futuro questo tipo di “minacce” siano sempre più affrontate con la riduzione o eliminazione di alcune specie da determinati ecosistemi, come è il caso del fungo chitride, il cui impatto sulle specie anfibie (in primis le rane) per i ricercatori sarebbe finora sottostimato. Dalle banche date sulle specie a rischio esistenti, infatti, risulta che solo due specie sarebbero messe “a rischio” da questa muffa: si tratta proprio dell’Euprotto della Sardegna e dell’ululone appenninico, ma probabilmente sono molti altri gli anfibi che potrebbero scomparire se non interviene per eliminare il fungo in questione.

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