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Suolo: consumata una costa pari a quella sarda

Consumo suolo SardegnaPresentato oggi a Milano lo studio ISPRA: a livello nazionale utilizzato il 7% del territorio, nell'isola percentuali più basse ma l'eccesso di cementificazione si fa sentire, soprattutto in provincia di Cagliari. 

Il suolo della Sardegna e dell’Italia è sempre più consumato, e ormai a livello nazionale è stata cancellata una percentuale delle coste (il 20% circa) pari all’intera lunghezza della costa sarda. Un dato choc, che si unisce a quelli provenienti dall’isola, per attestare che usiamo ancora troppo cemento: a dirlo è l’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), che oggi a Milano presenta i dati aggiornati sul consumo di suolo, dopo quelli già drammatici dell’anno scorso. In Sardegna, per fortuna, le percentuali sono un po’ più basse di quella nazionale, che ormai vede al 7% il territorio direttamente impermeabilizzato e intorno al 50% quello che, seppure non direttamente coinvolto, ne subisce gli effetti devastanti: i dati delle province sarde vedono come impatto maggiore quello di Cagliari e Sassari, dove è consumato il 2,8% del suolo, seguite da Oristano con il 2,7% di territorio costruito.

Poco meglio va la provincia del Sulcis, che arriva al 2,6%, appena sopra quella di Olbia-Tempio (2,5%); valori più bassi nel Medio Campidano, che si ferma al 2,2%, nella provincia di Nuoro (1,9%) e soprattutto in quella dell’Ogliastra, dove è consumato “solo” l’1,5% del territorio. Lo studio dell’ISPRA scende anche a livello dei comuni isolani, e qui si vedono i territori che stanno subendo trasformazioni drammatiche: i poco invidiabili “record” sono quasi tutti nel cagliaritano, dove Monserrato arriva al 32,6% di impermeabilizzazione, seguito da Elmas al 25,2% e Cagliari al 17,9%. In doppia cifra anche Selargius (12,4%) e Portoscuso (10,6%), mentre si fermano poco sotto Quartu Sant’Elena (9,3%) e Oristano col 9,2%. Tra i grandi comuni percentuali molto alte anche a Sestu, Tortolì, Porto Torres e Sorso (tutti sopra l’8%) e Quartucciu e Valledoria (entrambi al 7,4%).

Va meglio a tutti gli altri, con Alghero che si ferma al 6%, Sassari al 5,7%, Olbia al 5,5%, Carbonia al 4% e Iglesias al 3,1% e i restanti più bassi: il comune meno “consumato” della Sardegna risulta essere Ulassai, con appena lo 0,5% di territorio impermeabilizzato. Secondo gli esperti dell’ente pubblico ambientale, sono le periferie e le aree a bassa densità le zone in cui il consumo è cresciuto più velocemente. Le città continuano ad espandersi disordinatamente (si tratta del cosiddetto fenomeno dello sprawl urbano) esponendosi sempre di più al rischio idrogeologico. Nella classifica delle regioni “più consumate”, si confermano al primo posto Lombardia e Veneto (intorno al 10%), mentre alla Liguria vanno le maglie nere della copertura di territorio entro i 300 metri dalla costa (40%), della percentuale di suolo consumato entro i 150 metri dai corpi idrici e quella delle aree a pericolosità idraulica ormai impermeabilizzate (il 30%). Tra le zone a rischio idraulico è invece l’Emilia Romagna, con oltre 100.000 ettari, a detenere il primato in termini di superfici. Monza e Brianza, ai vertici delle province più cementificate, raggiunge il 35%, mentre i comuni delle province di Napoli, Caserta, Milano e Torino oltrepassano il 50%, raggiungendo in alcuni casi anche il 60%. Il record assoluto, con l’85% di suolo sigillato, va al piccolo comune di Casavatore nel napoletano. Il video dell’ISPRA pubblicato qui sotto esemplifica il tutto, mostrando come siano cambiate le aree urbanizzate di diverse città tra 2006 e 2012.

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