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AMAZON A CAGLIARI DOPO GLI SCANDALI

Call centerLa multinazionale del commercio web apre nell'isola dopo le polemiche in USA e Germania.

Amazon apre i battenti a Cagliari, con un Customer service che ha già 60 dipendenti e, dice l'azienda, verrà ampliato. Sicuramente è una notizia, ed è buona quantomeno per i posti di lavoro creati, che uno dei siti guida del commercio elettronico, tra i marchi simbolo del web, apra una sede in Sardegna, ma quando si parla di Amazon è difficile dimenticare le polemiche dei mesi scorsi sullo sfruttamento dei lavoratori impiegati dall'azienda, anche in paesi avanzati come Stati Uniti e Germania. E' quindi necessaria prudenza, quella che non sembra avere il presidente della regione, Ugo Cappellacci, che si è detto "orgoglioso che Amazon abbia aperto questo centro e per i piani di sviluppo che l'azienda ha in programma sul nostro territorio". Per Cappellacci "è una notizia importante per coloro che troveranno un impiego e anche per l`economia dell`intera regione, a dimostrazione del fatto che la Sardegna ha le potenzialità e le professionalità per attrarre nuovi investimenti da aziende importanti".

La multinazionale americana di libri e vendite via internet prevede di creare fino a 500 posti di lavoro in Italia nei prossimi 5 anni, tra assunti a tempo indeterminato e temporanei, di cui 150 entro la fine del 2013. Il nuovo centro di Customer Service, che occupa circa 2mila 700 metri quadri e sarà ampliato a oltre 8mila 500 metri quadri, sarà attivo 7 giorni la settimana, 365 giorni all'anno, per supportare i clienti di lingua italiana di Amazon.it via telefono, chat e email, dare supporto tecnico per Amazon Kindle e per negozi digitali come MP3, App-Shop Amazon per Android e i servizi Cloud Player e Cloud Drive; sarà gestita a Cagliari anche l'assistenza per Amazon BuyVIP.

Speriamo che nell'isola le condizioni di lavoro siano migliori di quelle denunciate da un'inchiesta del Morning Post, quotidiano della Pennsylvania che nel 2011 ha pubblicato un reportage sulle terribili condizioni di lavoro nei magazzini Amazon della Lehigh Valley, poi ripresa dal New York Times ed altri grandi media. Il quadro, riassunto dalla Wu Ming Foundation, non è roseo: "estrema precarietà del lavoro, clima di perenne ricatto e assenza di diritti; ritmi inumani, con velocità raddoppiate da un giorno all’altro (da 250 a 500 “colli” al giorno, senza preavviso), con una temperatura interna che supera i 40° e in almeno un’occasione ha toccato i 45°; provvedimenti disciplinari ai danni di chi rallenta il ritmo o, semplicemente, sviene (in un rapporto del 2 giugno scorso si parla di 15 lavoratori svenuti per il caldo); licenziamenti 'esemplari' su due piedi con il reprobo scortato fuori sotto gli occhi dei colleghi". Nuove polemiche poi sono venute quest'anno dalla Germania, quando un servizio della tv pubblica Ard ha mostrato le condizioni di sfruttamento di molti lavoratori a tempo di Amazon, sistemati in camerate da sette persone ciascuna, sottopagati e sorvegliati da spietati vigilantes spesso appartenenti ad organizzazioni neonaziste. Uno scandalo che ha scioccato molti, nella patria del capitalismo "sociale", e ha spinto alcuni editori tedeschi a pensare di mettere in discussione i loro contratti con il colosso del commercio online.

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