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Torna in piazza il movimento beni comuni - Fotogalleria

Tamburi a corteoA Roma corteo della galassia che trionfò ai referendum di due anni fa, un po' oscurato dalle sparate da campagna elettorale di Renzi e Beppe Grillo.

Torna in piazza quello che è sicuramente il movimento politico di base più forte degli ultimi anni in Italia, quello per i beni comuni, che forse ha perso un po' di slancio per l'uso e abuso che più parti politiche hanno fatto di questo termine, ma che è comunque quello che non più di due anni fa ha portato alle urne 29 milioni di persone a votare per l'acqua pubblica, contro il nucleare e per una giustizia davvero uguale per tutti. Ieri, a Roma, un corteo di qualche decina di migliaia di persone ha attraversato la città sotto lo slogan "liberare l'allegria, organizzare la rabbia", che riassume il senso di una manifestazione "per i beni comuni e contro le privatizzazioni": in piazza, nella capitale, movimenti per la casa, Cobas, associazioni ambientaliste, centri sociali, No Tav, No Muos e I No Expo, al loro esordio romano, No Expo. Un corteo pacifico e senza tensioni, a differenza di molti degli ultimi anni, quasi che sotto questo genere di ombrello si raccolga più chi è interessato a costruire che non i demolitori più o meno interessati interpreti della rabbia popolare per una delle peggiori crisi economiche dell'ultimo secolo.

Eppure, alla vigilia non erano mancate le polemiche, con i promotori a denunciare le limitazioni al percorso imposte da prefettura e questura: nessun passaggio davanti a Ministero delle Finanze e Cassa depositi e prestiti, considerate simboli della "mercificazione dei beni comuni" e della "precarizzazione del lavoro", e varchi per i Palazzi del potere sbarrati dai blindati delle forze dell'ordine. Per contestare gli 'off limits' di oggi e le nuove regole che, secondo alcune anticipazioni, sarebbero in gestazione al Viminale, i manifestanti hanno però affilato l'arma dell'ironia: tanti i ragazzi con addosso pettorine numerate, quell'identificativo che il ministro Alfano ha detto più volte di non volere per poliziotti e carabinieri impegnati in ordine pubblico. Prima degli interventi finali dal camion-palco di piazza Navona (con contorno di danze davanti ai turisti divertiti), il bersaglio preferito dei cori e dei manifesti è stato sempre il premier Matteo Renzi, identificato come prosecutore delle politiche di svendita dei beni pubblici degli ultimi dcenni: "Renzi vattene" e "Matteo stai sereno" i più gettonati, con citazioni anche per il ministro Lupi e il suo "piano casa'.

Il problema è che la manifestazione ha avuto poca eco sui nostri grandi media, troppo impegnati nella polemica da campagna elettorale tra quelli che sembrano essere gli unici due partiti rimasti in Italia: quello del premier Renzi, su tutti i Tg tra piazze e palestre, e quello di Beppe Grillo e il suo Movimento 5 Stelle, che ha attirato il resto della visibilità mediatica con le sue boutade su Hitler e gli insulti assortiti lanciati da Torino alla Cancelliera Merkel. Un Grillo che ha sempre cavalcato (come del resto in passato anche il Pd) il tema dei beni comuni, anche se ieri le uniche bandiere in piazza erano quelle della Lista Tsipras: l'ex comico tra le altre cose ha partecipato a varie manifestazioni No Tav, rimediando anche denunce e condanne, ma come spesso gli capita anche ieri ha contraddetto molte delle sue idee. A parte la sua più o meno scherzosa battuta sul fatto di essere "oltre Hitler", ha affermato che le forze dell'ordine, in particolare "Digos, Dia e Carabinieri" sono tutte con lui e il suo movimento: una posizione strana per chi ha approfittato spesso di tragedie come quelle di Cucchi e Aldrovandi per avere visibilità, o per chi si dice solidale e a fianco di proteste come quella No Tav, i cui militanti sono disposti anche ad andare fuori dalla legalità per vincere la battaglia e fermare la ferrovia ad alta velocità che dovrebbe collegare il Nord Italia al resto d'Europa.

Fotografie di Leonardo Migliore

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