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Piazzoni (Sel): nei CIE condizioni inumane

CIE Ponte GaleriaLa deputata ha visitato il centro di detenzione per migranti di Ponte Galeria dove si è appena avuta una rivolta.

In Italia esistono al momento 12 CIE (Centri di identificazione ed espulsione) attivi, e nei giorni scorsi è stato chiuso quello di Modena: sono luoghi finiti spesso al centro delle polemiche per le condizioni in cui si trovano i migranti che vi vengono rinchiusi. Spesso causano disordini e rivolte, come è accaduto nei giorni scorsi a Ponte Galeria (Roma), dove un gruppo di giovani stranieri si sono cuciti la bocca per protesta. In Sardegna non esistono CIE veri e propri ma qualcosa di molto simile, il CPA (Centro di prima accoglienza) di Elmas, da cui di recente sono fuggiti un gruppo di migranti che hanno invaso il vicino aeroporto. Il dibattito politico sui Centri va avanti da anni, ma la prudenza è d’obbligo: nei mesi scorsi il leader del Movimento Cinque Stelle, Beppe Grillo, ha smentito alcuni deputati del suo gruppo che si erano schierati per norme meno restrittive sull’immigrazione, affermando che a prendere certe posizioni si rischiano “percentuali da prefisso telefonico”. Anche nel Partito democratico non sono in tanti ad esporsi per una chiusura dei CIE, anche se il neosegretario Renzi ha parlato di modifiche alle leggi e nei giorni scorsi il deputato Khalid Chaouki si è chiuso nel centro di Lampedusa; per non parlare di quella destra che ha partorito la Bossi – Fini, legge durissima che prevede (tra l’altro) il reato d’immigrazione clandestina. L’unica eccezione vera, almeno in Parlamento, sembra essere quella di Sel (Sinistra ecologia libertà), i cui deputati hanno visitato, anche in questo periodo natalizio, i Centri. Proprio una di loro, Ileana Piazzoni, che è stata più volte nel CIE di Ponte Galeria, ci racconta impressioni e idee su questi problemi.

Qual è la situazione nel Cie di Ponte Galeria e negli altri di cui avete notizia? come vivono queste persone?

La situazione è quella di persone recluse in luoghi indegni di un paese civile, disperate perché arrivate qui affrontando sacrifici e fatiche che per noi non sono neanche immaginabili, e che invece di una nuova vita si trovano recluse senza capire perché e soprattutto senza sapere che ne sarà di loro, in condizioni igienico-sanitarie e psicologiche devastanti. La presunta temporaneità della permanenza (che si è via via allungata fino a possibili 18 mesi!) fa sì che nei CIE non si attrezzino spazi adeguati ad ospitare persone per lunghi periodi, ma poi questo nella realtà accade, condannando persone per lo più giovani, con molta energia e molte speranze all’inattività totale. Il CIE di Ponte Galeria è composto da gabbie, con inferriate che negli anni sono state alzate fino a diventare terribilmente opprimenti. Le condizioni della struttura sono pessime soprattutto relativamente ai servizi igienici, ma non è neanche quello il vero problema: se fosse nuova di zecca non cambierebbe il carattere di un luogo di reclusione inaccettabile per come è concepito. Se dovesse ospitare degli animali, ci sarebbe la rivolta degli animalisti.

Sel è tra i pochissimi soggetti politici a chiedere la chiusura dei Centri. Si è data una spiegazione a questa "solitudine" anche nel centrosinistra?

In realtà, ci sono esponenti di rilievo anche nel Pd che sono a favore della chiusura dei CIE, ma come sempre non si riesce ad avere una posizione netta di tutto il partito. Favorevoli alla chiusura ci sono persino in Scelta Civica. Viceversa, per SEL non ci sono dubbi in merito, ma non abbiamo la forza sufficiente per imporre questa scelta. Mi permetto di “sognare” che se le elezioni fossero andate in un altro modo, se oggi ci fosse un governo Bersani-Vendola, forse sarebbe stata la volta buona di avere una modifica radicale della legislazione sull’immigrazione. So che molti sarebbero pronti a ribattere che molte norme si devono alla legge Turco-Napolitano, ma sono convinta che nessuno possa negare che le modifiche introdotte dalla Bossi-Fini e dai vari pacchetti sicurezza hanno portato a livelli di crudeltà oltretutto assolutamente inutili dal punto di vista dei risultati gestionali. Rispondono cioé soltanto ai desiderata di larga parte del popolo italiano, che vede nei migranti una minaccia al proprio tenore di vita. E purtroppo questo non è cambiato, anzi, con la crisi economica sono sentimenti che si sono ancor più esasperati. Per essere chiari: non penso che tutti gli elettori del Pd siano favorevoli alla chiusura dei CIE, anzi. Per non parlare di quelli del M5S che pure ha preso tanti voti di chi si è sempre detto – e magari si continua a dire – di sinistra. Come si può dirsi di sinistra e mettere la questione dei diritti umani in secondo piano?

I Cie esistono dagli anni '90 e c'è chi dice che non hanno alternative. Come si costruisce una politica dei migranti alternativa a quella attuale?

I CIE, oltre ad essere incostituzionali e in contrasto con le direttive europee, sono anche del tutto inefficaci rispetto agli obiettivi che si prefiggono. Meno della metà dei reclusi viene effettivamente espulsa. Occorre mettere mano ad una revisione generale del sistema espulsivo italiano che deve essere rispettoso dei diritti fondamentali delle persone (oltre che della Costituzione e delle norme sovranazionali). Bisogna abrogare la legge Bossi-Fini e il pacchetto sicurezza del 2009. Occorre abrogare il reato di clandestinità e dare vita ad una nuova disciplina degli ingressi. Per quanto riguarda le espulsioni, premesso che personalmente sono perché alla libera circolazione delle merci corrisponda la libera circolazione delle persone, realisticamente ritengo che debbano essere limitate ai soli casi per cui il soggiorno legale non sia più possibile, neppure a fronte di forme di regolarizzazione che permettano di tenere in considerazione chiari indici di integrazione. Di sicuro vanno eliminate quelle norme che  “producono clandestinità”, ossia impediscono di fatto l’ottenimento di permessi di soggiorno pur in presenza di evidente integrazione. Questo solo per fare cenno alla questione, per cui occorrerebbe un intero trattato. Diciamo, per sintetizzare, che occorre fare l’esatto contrario di quello che è stato fatto in questi anni.

Questi Centri sono spesso gestiti in appalto da società private. Non trova strana questa "esternalizzazione" di un compito come l'accoglienza?

L’esternalizzazione in sé non è strana in quanto oggi non è nemmeno concepita l’ipotesi di una gestione diretta per quasi nessun servizio, neanche quelli alla persona. È uno dei drammi dell’ideologia liberista. Quel che è veramente strano sono i costi di questi affidamenti e soprattutto è del tutto oscuro il criterio con cui le gare vengono assegnate: quali criteri, quali esperienze, quali garanzie vengono richieste alle società appaltatrici? Da quel che si vede, poco o nulla, visto che si tratta di gare al massimo ribasso! Dopo la spending rewiew di Monti, la situazione è ulteriormente peggiorata. E questo a fronte di costi complessivi di gestione esorbitanti!

Siete in prima fila oltre che sui migranti su problemi come servitù militari e lavoro: come si spiega la poca visibilità delle vostre battaglie?

Si spiega con un circolo vizioso in cui ci troviamo e da cui è difficile uscire. Rappresentiamo quelle idee (redistribuzione ricchezza, riconversione ecologica, rafforzamento dello stato sociale) che sono particolarmente pericolose e avversate dalle élite dominanti, proprietarie dei mezzi di comunicazione di massa: è comprensibile che da anni mettano in atto un vero e proprio oscuramento mediatico. Questo – insieme anche a una nostra debolezza strutturale che non ci ha mai visto valorizzare come avremmo potuto e dovuto altri canali di comunicazione – ci condanna a percentuali di consenso molto basse, che vengono poi utilizzate da parte del mondo dell’informazione come “giustificazione” della poca visibilità che ci viene concessa.
A questo aggiungerei però anche che le nostre idee e proposte non sono facilmente ricevibili da una popolazione che tende a sviluppare la propria percezione della realtà sulla base di quello che viene passato dai media, specie la televisione. Così, dopo anni di propaganda sugli sprechi della casta, chi ha interpretato principalmente quella questione ha avuto gioco facile. Se negli stessi anni giornali e tv avessero messo in luce il dramma della concentrazione della ricchezza in poche mani (che salvo rare eccezioni non erano quelle dei politici, per lo più ridotti a strumenti di costoro - e più erano deboli meglio era -), della speculazione finanziaria, delle vere ragioni della crisi insomma, il nostro messaggio attecchirebbe con maggiore facilità.
Tutto questo non ci esime dal pensare a come aggirare l’ostacolo: dobbiamo studiare tutte le forme possibili per contrastare questa tendenza. Fatto salvo che non credo si debba usare l’aula parlamentare come il palco di un teatro, perché io vorrei ridare credibilità alle istituzioni, non dar loro la mazzata finale. 

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