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Studio La Sapienza e Tor Vergata conferma efficacia antinfiammatoria della lattoferrina

Se n’è parlato molto l’estate scorsa e adesso appare confermato che per asintomatici e paucisintomatici la lattoferrina sia utile contro il Covid-19.

La lattoferrina potrebbe giocare un ruolo importante per contrastare l’infezione da Covid-19. A rivelarlo la ricerca congiunta effettuata dall’Università La Sapienza e Tor Vergata e pubblicata a marzo su Frontiers in Pharmacology la rivista scientifica di settore.

La molecola, già sotto osservazione del gruppo di studio coordinato dalle due prestigiose università romane dalla scorsa estate, è stata oggetto di una sperimentazione che ha offerto i primi dati misurabili. A marzo è stato pubblicato il risultato della ricerca sulla rivista di settore e il Fatto Quotidiano ne ha riportato la notizia.

I test sono stati condotti da Elena Campione dell’Università di Roma Tor Vergata su soggetti asintomatici o paucisintomatici affetti da Covid-19. Mentre la professoressa Piera Valenti, ordinaria di Microbiologia dell’Università di Roma La Sapienza ha verificato in vitro le ipotesi postulate.

Cos’è la lattoferrina

Non un integratore qualsiasi, anche se se ne può trovare la recensione suhttps://unamenteforte.it, ma uno tra i più potenti alleati del nostro organismo sin dalla nascita. Presente in prevalenza all’interno del colostro, il primissimo latte materno che i neonati bevono dopo i primi istanti di vita, la lattoferrina è una molecola responsabile direttamente della sintesi del ferro nell’organismo.

La sua funzione principale, infatti, è quella di contribuire all’omeostasi del ferro nel sangue. Cioè concorre a mantenere i livelli ottimali di ferro nell’organismo, limitando invece la dispersione di quello libero responsabile di infiammazioni e danni cellulari. Viene attualmente somministrata per contrastare infezioni di natura batterica o virale e rappresenta una preziosa fonte di antinfiammatori senza effetti avversi.

Perché la lattoferrina è così importante nel contrasto al Covid-19

Uno degli effetti più plateali dell’infezione da SARS-CoV-2 è il livello di infiammazione molto più elevato rispetto ad altre manifestazioni patogene causate da un comune coronavirus. Questo porta l’organismo al collasso, cioè l’impossibilità di gestire livelli infiammatori così elevati. Con l’impiego di questo tipo di molecola, si intende procedere a mantenere sotto controllo questo effetto avverso. Lo studio è stato effettuato su un campione in vivo, quindi su soggetti affetti da Covid-19, ma che non manifestavano sintomi o che ne mostravano di lieve entità.

Dato che l’infiammazione stessa è associata alla maggiore presenza di ferro libero nell’organismo, si considera risolutivo un intervento su questo fenomeno noto come anemia da infiammazione. La lattoferrina agisce direttamente per risolvere questo disordine metabolico e consente alla cellula di riversare il ferro in circolo con una corretta sintesi delle proteine coinvolte in questo processo.

Inoltre, è noto che la replicazione dei virus avviene anche attraverso la presenza di ferro libero nel sangue. Appare chiaro, dunque, come un integratore in grado di compensare questo squilibrio causato dalla malattia possa intervenire per limitare la proliferazione virale all’interno dell’organismo ospite.

Come si ottiene la lattoferrina

Quella che si usa per realizzare gli integratori è ottenuta a partire da latte bovino e non da latte umano, questo rappresenterebbe una scelta non etica. Sul mercato questo integratore è presente da alcuni decenni e se ne fa uso in contesti specifici non come “farmaco” ma appunto come integratore da somministrare in combinazione con altri rimedi. 

Nella ricerca condotta in congiunto dalle due università, la molecola è stata utilizzata nella sua formula più pura per poterne valutare gli effetti in maniera misurabile ed esatta. Seppure tale grado di purezza non sia necessario nella realizzazione degli integratori, è stato funzionale alla realizzazione dei test in vivo per misurare adeguatamente l’efficacia della cura somministrata in fase iniziale della malattia.

In generale si è potuto riscontrare un effetto positivo sui pazienti trattati con un grammo di lattoferrina in formulazione liposomiale, a maggiore assorbimento. Questi non hanno manifestato effetti collaterali e, di contro, hanno dimostrato un più rapido miglioramento delle condizioni cliniche con tamponi negativi già al quattordicesimo giorno dopo la prima rilevazione della positività al Covid-19.

 

Prima del Covid

Non è una intuizione isolata del gruppo di studio romano, la lattoferrina infatti viene utilizzata anche per la cura di altri stati infiammatori gravi. Attualmente sono oltre settemila gli studi internazionali che ne vagliano le possibili applicazioni in contesti specifici per la cura e il miglioramento dell’efficacia del sistema immunitario.

Da almeno 40 anni, infatti, si conosce l’azione antivirale della lattoferrina contro virus di diversa forma e natura. Il vantaggio della negativizzazione precoce del tampone, però, al momento può essere replicato solo con l’assunzione di una molecola pura e non degradata e soprattutto non in composizione con altre sostanze. 

FOTO| Pixabay

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