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Cervelli in fuga e non: sono 5 milioni gli italiani all’estero

Oltre 100mila i sardi che vivono in Europa o Americhe, secondo il rapporto annuale della Fondazione Migrantes che denuncia molte situazioni di sfruttamento.

Sempre più sardi e italiani vivono all’estero, e sono in grande aumento negli ultimi anni: questioni economiche, sicuramente, ma anche una qualità della vita e servizi che spesso sono peggiori di quelli di altri paesi. In ogni caso, secondo la XII edizione del 'Rapporto Italiani nel mondo', della Fondazione Migrantes, al primo gennaio di quest’anno erano 4 milioni 973 mila 942, l'8,2% della popolazione italiana, un numero in crescita di oltre il 60% rispetto al 2006: di questi, 859mila 547 provengono dalle isole, di questi oltre 115mila sono sardi. Oltre la metà di chi vive fuori (circa 2,6 milioni), si trova in in Europa (54%), mentre circa 2 milioni vivono in America (40%), soprattutto Centromeridionale. A seguire l'Oceania (3%), Africa (1,3%) e Asia (1,3%).

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Guardando alle comunità nazionali, i primi 3 Paesi con quelle più numerose, dove sappiamo che vivono tantissimi sardi, sono Argentina, Germania e Svizzera, mentre è il Regno Unito a distinguersi per avere la variazione più consistente (più 27mila 602 iscrizioni nell'ultimo anno).
Non si tratta però solo dei cosiddetti “cervelli in fuga”: molti hanno una bassa scolarizzazione e una volta arrivati nel paese di destinazione “vengono sfruttati al limite dell'umano".

Lo ha detto alla presentazione del report il direttore generale di Migrantes, don Giovanni De Robertis, che aggiunge: "ho appreso che in Inghilterra, a Londra, ogni mese un italiano si suicida. A volte questi italiani vengono sfruttati da altri nostri connazionali", e si è osservato che "queste persone si devono accontentare dei lavori che trovano e che spesso sono mal retribuiti". Oltre a questa realtà - ha proseguito il direttore dell’organismo della Cei - c'è poi “un altro fenomeno interessante, cioè quello di una grande mobilita verso quelli che vengono definiti come i grandi attrattori, ovvero città come Londra, Berlino o Barcellona. In questo caso, si tratta di italiani che si recano lì non con l'idea di stabilizzarsi ma per passare un periodo più o meno breve. Potremmo definirli cittadini del mondo. Questa categoria di persone rappresenta per la Chiesa un problema: come possiamo infatti essere vicini a delle persone che si fermano uno o due anni e poi vanno via. La mobilità ha quindi certamente cambiato il suo volto e noi dobbiamo essere attenti anche a questa nuova realtà".

Foto | Marco Nürnberger su Flickr

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