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opINioni: Una sentenza che apre altri problemi

  • Scritto da Effe_E

Il «no» della Corte Costituzionale al referendum sul Jobs Act allontana per il momento, sebbene non del tutto, il rischio di elezioni anticipate.

da La Stampa | di Marcello Sorgi

Il «no» della Corte Costituzionale al referendum sul Jobs Act, e in particolare sull’articolo 18, allontana per il momento, sebbene non del tutto, il rischio di elezioni anticipate. Se si faranno, infatti, non sarà per rinviare la consultazione sulla riforma che ha cancellato, se non in casi eccezionali, il diritto al reintegro nel posto di lavoro del dipendente licenziato. E da questo punto di vista, determinante sarà la prossima decisione dei giudici della Consulta, attesa per il 24 gennaio, sull’Italicum, la legge elettorale maggioritaria a doppio turno con la quale sarebbe stata eletta soltanto la nuova Camera dei Deputati, nel caso, che non s’è verificato dati i risultati delle urne del 4 dicembre, in cui la riforma costituzionale proposta dal governo Renzi avesse ricevuto l’approvazione degli elettori. 

Sospesa tra un referendum e l’altro: questa è in sostanza la condizione precaria della politica italiana, a cui l’improvviso ricovero in ospedale di Paolo Gentiloni, sottoposto con successo a un intervento di angioplastica, ha aggiunto un ulteriore elemento di incertezza che l’annunciata, rapida convalescenza del premier dovrebbe prevedibilmente eliminare nei prossimi giorni. Ecco perché, pur avendo sgomberato il campo dal rischio della cancellazione di una delle riforme più significative, e più apprezzate in Europa, del governo precedente (l’articolo 18 rappresentava uno dei maggiori motivi di resistenza agli investimenti stranieri in Italia), ammettendo invece la consultazione sui voucher, e quella, meno importante, sugli appalti, la Corte Costituzionale ha risolto un problema, ma ne ha creato un altro, che adesso toccherà all’estenuato Parlamento che si avvia alla conclusione della legislatura tentare di risolvere.

Per il modo in cui è stato proposto, chiedendo la completa abrogazione della normativa sui voucher attualmente in vigore, il referendum, per essere aggirato, richiederebbe una sostanziale riscrittura della legge, che dovrebbe successivamente essere esaminata dalla Corte di Cassazione per valutare l’eventuale venir meno dei presupposti della consultazione. Ci sono attualmente sei diverse proposte giacenti nelle commissioni, che verosimilmente potrebbero essere ridotte a una, da approvare in tempo utile con un iter accelerato. In passato, ad esempio per il referendum sulle liquidazioni del 1981, era accaduto perfino che il governo fosse intervenuto per decreto alla vigilia del voto, previsto per legge tra il 15 aprile e il 15 giugno, e la Cassazione avesse ritenuto legittimo e valido l’intervento, a sostegno di una maggioranza parlamentare che aveva già raggiunto un accordo di massima.

È inutile nascondersi che rispetto a un esito come questo, possibile sulla carta, congiurano due difficoltà, non insormontabili, ma da affrontare. La prima è che il pallino della riforma dei voucher da riformare è nelle mani della sinistra Pd, che si muove di sponda con una Cgil che, oltre ad aver raccolto tre milioni di firme per i referendum, ha depositato da tempo alle Camere il testo di una legge d’iniziativa popolare che mira a riscrivere tutta la materia del diritto del lavoro, cancellando la deregulation imposta dalle riforme e restaurando in buona parte il regime del vecchio Statuto dei lavoratori degli Anni Settanta. La stessa Cgil - ed è la seconda difficoltà - ha accolto molto male la sentenza della Corte Costituzionale, e per bocca della segretaria Susanna Camusso ha annunciato un ricorso alla Corte europea dei diritti, accusando in sostanza i giudici della Consulta di aver voluto privare gli elettori italiani del loro diritto a pronunciarsi sul Jobs Act. Una posizione durissima, che non lascia ben sperare anche sul modo in cui il maggior sindacato intende accompagnare il percorso parlamentare della nuova legge sui voucher.

Infine vi è una terza difficoltà, meno esplicita ma non per questo meno pressante: a Renzi non dispiacerebbe che le elezioni anticipate, fin qui legate al presente e al futuro di una legge elettorale da riscrivere, arrivassero invece per la scorciatoia del rinvio del referendum. È un’altra incognita di cui tener conto.


 


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