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Referendum: viaggia sui social la rabbia del No

Sulle bacheche sarde di Facebook si leggono soprattutto le ragioni dei contrari alla riforma, da chi pensa che cancelli le autonomie a chi ha scelto solo per mandare a casa Renzi.

Mancano ormai solo quattro giorni al “giorno del giudizio” del referendum costituzionale, domenica prossima 4 dicembre, e aumentano le certezze degli elettori e dei personaggi pubblici, in Italia e in Sardegna: i sondaggi sono vietati, ma quello che si può fare è andare ad analizzare le bacheche dei principali social per capire almeno l’orientamento del “popolo della rete”, che certo non rappresenta tutto il paese ma ormai ne coinvolge la maggioranza, visto che ad esempio accedono a Facebook almeno una volta al mese ben 28 milioni di italiani. È così basta andare proprio sul social network di Zuckerberg per vedere che gli utenti sardi sembrano maggiormente orientati per il No: sarà perché, come ha detto il premier Renzi, chi vota Sì fa parte di una “maggioranza silenziosa”, ma sulla bacheca media dell’isola si trova un commento favorevole alla riforma ogni 5 o 6 contrari.

La priorità: mandare a casa Renzi

Se si approfondiscono i motivi, si capisce che lungi dal considerare l’aspetto più strettamente economico-finanziario, come fanno i media stranieri, o il merito della riforma dal punto di vista tecnico (su cui sembra permanere una certa confusione), la maggioranza degli utenti che scelgono il No lo fanno per mandare a casa il presidente del consiglio, o per evitare conseguenze che nella maggior parte dei casi sono come minimo indirette, almeno stando al quesito su cui si voterà domenica.
Monia, ad esempio, ammette candidamente che “voteremo” (lei e famiglia) No perché “vogliamo mandare Renzi e compagnia gioiosa a casa”, e richiesta su chi vorrebbe al suo posto dice che “ci sarà uno speciale”, senza specificare di chi si tratti: Venanzio si oppone alla riforma perché “se è Sì finiamo peggio di come siamo. E non siamo messi bene; o sbaglio?”, e sul taglio delle spese che dovrebbe esserci con l’approvazione del referendum aggiunge “Sì spende meno? Dal mio punto di vista direi OCCHIO” e che Renzi “prima di diminuire i senatori come dice, perché non taglia le pensioni d'oro e i vitalizi e pensa al popolo” invece di “pensare a loro stessi”.

E gli indipendentisti sardi votano No

I senatori in realtà diventerebbero 100, ed essendo consiglieri regionali e sindaci (anche se al momento non è chiaro come avverrebbe la scelta) non sarebbero pagati per il loro ruolo a Palazzo Madama, e peraltro calerebbero anche gli stessi stipendi dei rappresentanti delle Regioni: ci sono poi i sostenitori della sovranità italiana e sarda che votano No, come Roberto che afferma “io ci tengo alla mia terra” con il sogno che la Sardegna “diventi una repubblica sarda”. C’è poi chi ricorda che in circostanze simili, nel 2005, Il Pd bocciò la riforma costituzionale di Berlusconi, chiedendo agli elettori (come poi accadde) di votare No: Massimiliano ricorda che ciò avvenne “perché contrari a dare troppo potere ad una sola persona”, invece ora “che al governo ci sono loro, incostituzionalmente vorrebbero il potere assoluto?”, inoltre con la vittoria del Sì la sua opinione è che si perda “definitivamente la nostra sovranità, e dal giorno dopo le leggi verranno fatte non in base alle esigenze del popolo Italiano ma in base alle richieste di Bruxelles”. Un voto anche antieuropeo, quindi, nonostante la riforma non citi i rapporti dell’Italia con l’Unione, ma anche un voto per le autonomie locali che secondo questo elettore “spariranno, oggi se da Roma ti dicono devi stoccare 2000 barili di scorie radioattive tu puoi dirgli tranquillamente mettitele in c… a casa tua che qui non le vogliamo, con la vittoria del Sì, se loro decidono e tu ti opponi, loro dal giorno dopo ti dicono per l'interesse nazionale portiamo in Sardegna le scorie e tu non ti potrai più opporre alle decisioni di ROMA”. Addirittura c’è anche chi spiega come gli sia stato spiegato “da avvocati” che per “fare una cosa regolare e chiara a tutti, (i rappresentanti della maggioranza, Ndr) avrebbero dovuto fare ben 47 referendum”, praticamente uno per ogni singolo articolo che si vuole cambiare, invece di fare un’unica consultazione creando “il caos”.

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