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Morto suicida l’industriale del biogas nel Sulcis

Biogas SardegnaSi è sparato una fucilata Guido Ghisolfi, consigilere del premier Renzi e ideatore di un progetto per la produzione di biocarburanti nel Sud della Sardegna, fortemente contestato dagli ambientalisti.

Era colui che più di tutti voleva che il Sud della Sardegna divenisse il regno dei biocarburanti, nonostante le tante contestazioni degli ambientalisti: si chiamava Guido Ghisolfi, vicepresidente del gruppo Mossi & Ghisolfi, ed è morto suicida ieri vicino a Tortona, in provincia di Alessandria. Ghisolfi, infatti, che era anche iscritto al Partito democratico e sponsor del premier Matteo Renzi, cui aveva donato nel 2013 ben 100mila euro per aiutarlo nella sua campagna per le primarie, era il principale sostenitore del progetto di creare piantagioni di canne infestanti nel Sulcis, per ottenere biocarburanti, evitando perfino “le terre inquinate e andando invece a occupare lotti ancora fertili”, come scritto in passato sul suo blog dal direttore de “L’Unione Sarda”.

L’imprenditore, che era ai vertici di una multinazionale chimica in forte sviluppo nel campo dei 'biocarburanti', con 2.100 dipendenti ed un fatturato annuo di oltre 3 miliardi di dollari, si è sparato un colpo di fucile e non avrebbe lasciato alcun messaggio. Cordoglio è giunto subito dal mondo dei  Dem, in particolare dal Presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, che ha detto di aver perso "prima di tutto un amico, l'Italia e il Piemonte perdono un grande imprenditore, un grande innovatore, un uomo di grandissima passione civile”. Guido Ghisolfi, figlio del presidente e fondatore del gruppo, Vittorio, aveva focalizzato il suo impegno manageriale proprio sui biocarburanti. Era presidente e amministratore delegato di Beta Renewables spa, società del gruppo.

Meno di due anni fa, all'inaugurazione della bioraffineria di Crescentino (Vercelli) aveva illustrato ad una folla di imprenditori e finanzieri le grandi possibilità di sviluppo e di mercato dei combustibili ‘verdi', ottenuti da scarti non alimentari. L'impianto piemontese produce oggi decine di migliaia di tonnellate di bioetanolo, ottenuto da scarti di coltivazioni di riso e frumento e canne dei fossi. Il progetto portato avanti nell’isola riguarda un brevetto innovativo, visto che si tratta di un carburante per autoveicoli derivato dalla cellulosa estratta dalle canne, appunto. Un’idea che porterebbe sicuramente soldi e posti di lavoro in uno dei territori più poveri d’Italia, quello sulcitano, ma che è contestata da ambientalisti come quelli del Gruppo d’intervento giuridico, i quali la considerano “folle” dal momento che “per produrre il quantitativo di canne necessario per il funzionamento dell’impianto di Portovesme sarebbero necessari ben 5.000 ettari di coltivazione, cioè l’intero comparto irriguo del Sulcis, attualmente incentrato nella zona di Tratalias-Giba”. Sembra poi che il fabbisogno idrico annuo “sia pari a 5 mila metri cubi per ettaro, cioè ben 25 milioni di metri cubi di acqua all’anno”, risorse che presumibilmente stroncherebbero tutto il resto dell’agricoltura di quel territorio, comprese colture di pregio come il vitigno del Carignano.

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